Minorenni picchiano padre e figlio

Si allarga l'indagine sui ragazzi arrestati, raid «punitivo» a Miglianico

CHIETI. Il quartier generale era la villa, vicino al museo, oppure l'ex campetto di basket, dove decidevano chi dovesse o non dovesse giocare, sennò ti potevano anche spegnere una "cicca" sul braccio. La storia dei tre minori arrestati per 14 rapine su 25 vittime si arriccisce di particolari. I tre minorenni riuscivano a entrare nelle scuole del centro della città: Galiani, industriale. A far inginocchiare e picchiare le vittime di turno dalle quali pretendevano denaro, cellulari e chiavi del motorino.

«Se non mi dai i soldi, ti appendo all'attaccapanni», tra le frasi più gentili che risultano essere state dette a una delle vittime. Potevano entrare fin dentro ai bagni degli istituti scolastici, senza che nessuno, tra professori e presidi o personale di assistenza, se ne accorgesse. Molti genitori sono caduti dalle nuvole quando sono venuti a scoprire dalla squadra mobile che i loro figli erano stati persino «taglieggiati» da tre coetanei, «per avere la vita tranquilla c'erano ragazzi che davano soldi ancora prima che li chiedessero», dice il capo della Mobile Paolo Monnanni.

Ma sembra che in realtà tra i coetanei della città tutti conoscessero i «bulletti» della villa che, come li ha definiti il questore Alfonso Terribile hanno di gran lunga superato la soglia del bullismo. Come se, a soli 17 anni, avessero una carriera criminale già ricca. Ma i ragazzi, quelli non oggetto delle loro angherie sapevano bene delle spavalderie del terzetto ma hanno taciuto. «Ah quelli lì... si conoscono. Uno girava pure armato». Come se la circostanza fosse solo il particolare trascurabile di un film di Tarantino. Sembra inoltre che i tre ragazzi arrestati, anzi due in particolare, quelli che attualmente sono rinchiusi nel carcere minorile di Roma (il terzo è agli arresti domiciliari) agissero anche fuori zona, scegliendo tra le loro vittime non solo coetanei, studenti delle scuole del centro della città.

Infatti il 25 settembre - il caso è all'attenzione dei carabinieri - sembra che fossero andati a Miglianico, dove avrebbero picchiato padre e figlio. Da loro pretendevano soldi. Di fronte al rifiuto li hanno picchiati e si sono fatti dare altro. I carabinieri durante la perqusizione docimiliare hanno sequestrano una sim card, un foglietto bianco e una targa, probabilmente di un motorino. A fare da sfondo a un quadro allarmante, situazioni familiari complesse e difficili. Uno di loro, il 16enne, quello considerato il capo del terzetto, il ragazzino che il 30 agosto è scappato da una Comunità del nord dove era in affidamento in prova per decisione della procura minorile dell'Aquila a causa di altri reati, è stato abbandonato dal padre.

«A favore di X», dice la psicologa della comunità in una relazione del luglio scorso inviata agli inquirenti, «e in precedenza dei suoi fratelli maggiori, sono stati attivati sul territorio vari interventi psico-socio-educativi che hanno riguardato anche una psicoterapia familiare ma che per vari motivi, tra cui l'abbandono del tetto coniugale da parte del padre, non sono mai stati sufficienti a prevenire l'ingresso di X nella sub-cultura deviante». Anche l'altro diciassettenne ha una situazione familiare complicata. Non ha precedenti ma è conosciuto per i suoi comportamenti particolarmente «originali». Intanto il tribunale per i minorenni, assistiti dagli avvocati Cristiano Sicari e Lucio Pellegrini, ha già fissato l'interrogatorio di garanzia che si terrà domani mattina all'Aquila.

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