No di cinque associazioni alla pista ciclabile nell’Oasi

Italia Nostra, Arci, Fai, Porta Nuova e Comitato cittadino tutela del territorio: «Il progetto contrasta con il piano naturalistico e la zona è a rischio erosione»

VASTO. Non sono contrarie alla pista ciclabile all’interno della riserva di Punta Aderci, ma chiedono la rielaborazione del progetto valutando la possibilità di un percorso alternativo a quello individuato che, per un tratto di circa 2,5 chilometri, è interessato da un elevato dissesto idrogeologico. Italia Nostra, Arci, Fai, Porta Nuova e Comitato cittadino per la tutela del territorio, affidano ad un comunicato congiunto le loro perplessità sul progetto illustrato nelle scorse settimane dall’assessore comunale alla mobilità, Marco Marra e dai tecnici comunali: una pista ciclabile che inizia a Casalbordino, attraversa longitudinalmente la riserva naturale di Punta Aderci, per terminare nella zona industriale. In tutto sette chilometri di lunghezza. Il costo totale dell’opera è di 2 milioni e 200mila euro, finanziati con soldi provenienti dalla rimodulazione dei fondi del Patto Trigno-Sinello.

Nel premettere che il loro intervento non vuole essere l’espressione di «un fronte del no», le cinque associazioni cittadine spiegano le loro ragioni in un articolato documento proponendo delle soluzioni alternative. «Le motivazioni della non condivisione del percorso sull’ex tracciato ferroviario che va da Torre Sinello a Mottagrossa sono tante e alcune hanno trovato concretezza piena il 2 marzo scorso, durante la passeggiata organizzata in occasione della Giornata delle Ferrovie dimenticate dalla sezione di Italia Nostra», annotano le associazioni firmatarie, «al di là degli ipotizzabili impatti e delle trasformazioni paesaggistiche, la realizzazione di una pista ciclo-pedonale non solo priverebbe per sempre la riserva dell’unico e vero sentiero naturalistico, ma sarebbe in contrasto con il piano di assetto naturalistico (Pan) che in quella zona non prevede un simile intervento».

Le preoccupazioni maggiori vertono, in ogni caso, sul dissesto idrogeologico. «L’area in questione è naturalmente sottoposta, in quanto falesia, ad una progressiva erosione», insistono Italia Nostra, Arci, Fai, Porta Nuova e Comitato cittadino, «adesso, però, la mancata manutenzione delle opere di contenimento e drenaggio idrico nonché eccezionali eventi atmosferici, hanno alquanto incrementato il dissesto idrogeologico. Infatti, durante la passeggiata i partecipanti hanno potuto chiaramente verificare la gravità degli smottamenti e la presenza di imponenti frane che ipotecano la stessa fruibilità dei luoghi. Il nostro timore è che in seguito all’apertura del cantiere una delle frane già visibilmente attive o altre in formazione, potrebbero rendere la zona non più percorribile per motivi di sicurezza avulsi dal contesto ambientale, tant’è che la stessa Cogecstre (la cooperativa di Penne che gestisce il parco costiero, ndc), ha chiesto che il sentiero venisse chiuso in attesa del ripristino dello stato dei luoghi».

Per tutte queste ragioni le associazioni chiedono che il progetto venga rielaborato, spostando il «tratto contestato su un percorso alternativo».

Anna Bontempo

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