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Nuova legge sui tartufi protestano i cavatori

ARCHI. Pronti a dare battaglia, pronti a non indietreggiare neanche di fronte alle decisioni del consiglio regionale. L’Alirta, Associazione libera raccolti tartufi, che ha circa cinquanta iscritti,...

ARCHI. Pronti a dare battaglia, pronti a non indietreggiare neanche di fronte alle decisioni del consiglio regionale. L’Alirta, Associazione libera raccolti tartufi, che ha circa cinquanta iscritti, punta il dito contro il progetto di legge 441/12 (Febbo, Prospero, Venturoni) che martedì sarà portato in consiglio regionale. La nuova legge, se approvata, disciplinerà le norme in materia di raccolta, commercializzazione, tutela e valorizzazione dei tartufi in Abruzzo. In essa sono contenuti i requisiti abrogativi dell’attuale legge in vigore da ventiquattro anni.

L’interesse sul pregiato tubero non deve stupire perché è da qualche tempo risaputo che diverse zone dell’Abruzzo hanno un’elevata vocazione tartuficola e attorno alla quale gli interessi economici hanno un peso sostanzioso.

Rosario Marchetti, Franco Carpineta e Sebastiano D’Alonzo, rispettivamente presidente, vicepresidente e delegato alle problematiche legislative dell’Alirta, contestano in modo particolare gli articoli 3, 6, 8 e 24 della nuova legge. «La nostra», afferman, «non è una protesta estemporanea ma parte da lontano, difatti abbiamo presentato le nostre osservazioni alle diverse commissioni regionali ma non sono state accolte».

Oltre alla contestazione di piccole disposizioni tra le quali l’introduzione dell’uso dello zappetto, il primo scoglio insormontabile è la disposizione che il 50% della quota del pagamento dei tesserini vada a costruire il Creat «che, di fatto», affermano i tre rappresentanti del sodalizio, «dovrebbe svolgere le funzioni assistenziali dell’ex Arssa».

Ma è sull’articolo 8 che c'è battaglia. «La nuova legge prevede la reversibilità a bosco, al termine del ciclo produttivo, delle tartufaie coltivate mentre la legge quadro del 1985 prevede la riammissione del terreno alla libera raccolta». In pratica cosa succederebbe? «Se un’ex tartufaia diventa bosco privato non permette il libero accesso ma in quell’area i tartufi continuano a esserci», dicono Marchetti, Carpineta e D’Alonzo.

In Abruzzo ci sono circa 200 ettari a tartufaie coltivate. «Non è neanche giusto che la tassa di concessione per il tesserino regionale non sarà più dovuta dai proprietari che cavano i tartufi sui loro fondi o su tartufaie coltivate o controllate di loro proprietà. È una legge che avvantaggia solo alcune categorie e per questo è ingiusta». Per i rappresentanti dell’Alirta anche le sanzioni previste dalla legge hanno le maglie troppo larghe. «Chiediamo il rispetto e l’applicazione della normativa quadro nazionale che questa legge in approvazione, almeno su dodici articoli, contravviene. Per questo daremo battaglia».

Matteo Del Nobile

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