CHIETI

Nuovo ospedale, spunta l’atto che blocca il progetto

Il responsabile del procedimento: «Il privato non rischia nulla. La Asl sì». Il consigliere Febbo svela un documento di cinque pagine: «È tutto da rifare»

CHIETI. Zero rischi a carico del privato e tutto il peso economico dei servizi sulle spalle del pubblico. È per questi motivi che il project financing per la realizzazione del nuovo ospedale di Chieti sembra presentare «peculiarità non rinvenibili in altri casi di finanza di progetto italiani», peculiarità che «hanno fatto maturare profonde perplessità sull’adeguatezza e rispondenza della proposta all’interesse pubblico».

È ancora una volta il rup (responsabile unico di progetto) Filippo Manci a mettere i bastoni tra le ruote del project voluto dal presidente della Regione Luciano D’Alfonso. Il progetto trova un nuovo grosso ostacolo nella relazione che il rup scrive il 14 aprile scorso. È la relazione di sintesi sul project, 5 pagine che si chiudono con la «necessità di un maggiore approfondimento». Per Manci la madre di tutti i problemi è la «commistione tra concessione e appalto di beni e servizi, peraltro operata liberamente dal proponente». Perché una cosa è realizzare il manufatto del nuovo ospedale, altra cosa è gestire anche tutti i beni e i servizi. È qui che sta il vero e proprio affare. E infatti attraverso la gestione dei servizi il privato conta di rifarsi dei soldi spesi per costruire l’opera. Tra l’altro la proposta prevede anche l’apertura di attività commerciali (dovrebbero esserne in totale 32). Tale «commistione», sottolinea il rup, «rende inapplicabili, in modo diretto e automatico, le norme in materia di rivalutazione Istat e di variante previste dal Codice per le concessioni». A queste condizioni, dice Manci, non c’è rischio di impresa per il privato. La proposta, infatti, obbliga Asl e Regione al pagamento dei canoni al privato, facendo iscrivere le cifre necessarie nei bilanci di entrambi gli enti. Nel caso il privato non voglia prestare un servizio a nuove condizioni, la Asl potrà affidarlo a terzi, ma dovrà comunque riconoscere un canone al gruppo Maltauro. In sostanza la Asl si troverà a pagare due volte (sia al proponente del project che al nuovo gestore del servizio), mentre il privato non rischia nulla in ogni caso. Manci sottolinea anche che la proposta di finanza «potrebbe risultare non più adeguata alle attuali esigenze aziendali, mutate nel corso dell’ultimo biennio: in particolare si fa riferimento all’intercorso adeguamento statico e antincendio, per cui alla data odierna permangono solo i profili di rischio sismico».

Sulla base di queste osservazioni torna all’attacco il consigliere regionale Mauro Febbo che schiera contro il progetto l’intera Forza Italia, a cominciare dall’onorevole Fabrizio Di Stefano, e chiede la ristrutturazione antisismica dei corpi di fabbrica a rischio stabilità dell’ospedale. «Il rup dice chiaramente che la convenzione proposta non tutela abbastanza il pubblico», sottolinea Febbo, «e dunque non si può dichiarare l’interesse pubblico dell’opera. Il privato non ha rischio di impresa, perché ha garanzia che tutti gli sforzi economici verranno ripagati da Asl e Regione, costrette ad iscrivere le somme necessarie nei loro bilanci. Il rup sottolinea anche che non si capiscono i rapporti tra il presidio teatino e quello pescarese e pone il problema dei tempi di realizzazione. Cosa che ci preoccupa non poco: dove verranno trasferiti i reparti negli anni in cui si costruirà il nuovo ospedale? Torneranno mai a Chieti e con essi i corsi di laurea di Medicina a cui sono legati?»

Sul project interviene anche il Movimento 5 Stelle che replica alla conferenza stampa Pd del giorno prima. «M5S ritiene che l’ospedale abbia urgente bisogno di lavori», dicono Ottavio Argenio e Manuela D’Arcangelo, «ma ci sono strade alternative: fare ricorso al Fondo nazionale per l'edilizia sanitaria, ai fondi regionali e a Cassa depositi e prestiti. Così non solo ci sarebbe un risparmio di circa 700 milioni di euro ma Asl e Regione manterrebbero la gestione diretta dei servizi anziché cederli, insieme ai profitti». A FI replica invece il consigliere comunale Alessandro Marzoli (Pd) che accusa il partito di «giocare allo sfascio sulla pelle della città» e il vice presidente del Consiglio regionale Alberto Balducci per cui Febbo «raccatta documenti da agitare in maniera strumentale davanti a telecamere e taccuini. Si metta l'anima in pace: non sarà lui a scrivere la parola definitiva su questa complessa vicenda».