Ospedale di Chieti, i malati costretti a lavarsi con l'acqua minerale

Blitz di Forza Italia a Neurologia. Dai rubinetti esce ancora acqua infetta. Nei corridoi pazienti parcheggiati sulle barelle

CHIETI. «Due infermieri reggono un lenzuolo per coprirmi mentre faccio il bidet con l’acqua minerale». Chi parla è un paziente del policlinico dove anche di domenica troviamo i corridoi con le barelle, i malati parcheggiati ed i parenti che non si arrabbiano più perché ormai sono rassegnati a tutto. Siamo nel reparto di Neurologia, al 7° livello del corpo M dell’ospedale di Chieti, cioè nel Polo del cuore, che non ha problemi di calcestruzzo impoverito e vulnerabilità sismica, perché è stato inaugurato un anno fa, dopo lavori durati dodici anni e costati la bellezza di 32 milioni di euro. Ma dai rubinetti esce acqua contaminata dalla Legionella. E’ così da sei mesi, quindi è ancora vietato bere e lavarsi nei bagni. I livelli superiori di questo nuovo blocco, cioè l’ottavo e il nono, sono vuoti. Ma al settimo, lungo la corsia, si contano sette barelle di domenica, il che significa che durante la settimana sono molte di più.

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Sanità senza letti, anche se questo blocco del policlinico è nuovo. «Sanità senza rispetto», sbotta invece Mauro Febbo, presidente della Commissione vigilanza della Regione, che decide di passare la mattina di domenica tra i malati parcheggiati nei corridoi dei reparti. Lo fa nel giorno in cui il Centro anticipa la notizia della delibera della giunta regionale sulla sanità che, a metà settimana, darà il via all’iter per realizzare in Abruzzo cinque nuovi ospedali, con lo strumento del progetto di finanza, ovvero stringendo un patto con i colossi dell’edilizia sanitaria. Ma Febbo esclama: «Pensassero allo sfacelo degli ospedali esistenti». Le porte dei reparti, anche se non è ancora orario di visita, si spalancano davanti al rappresentante dell’opposizione del governo regionale. Il forzista, accompagnato in un autentico blitz dal consigliere comunale azzurro Emiliano Vitale, entra nella Neurologia che non sono ancora le 10. Il Centro ha assistito al sopralluogo, raccogliendo la testimonianza del paziente che si è appena lavato usando l’acqua minerale, come fanno anche gli altri ricoverati, ma per chi è costretto a stare in corridoio è più umiliante.

Sulle barelle troviamo anche persone di ottant’anni. Una di loro, magra e distinta,non si volta a guardarci ma fissa il soffitto come se provasse vergogna. Qualcuno ci mostra un documento della Asl dove si legge: «Nell’informarvi che i risultati preliminari dei prelievi di acqua eseguiti dall'Arta nel corpo M in data 21/09/2016 mettono in evidenza presenza di Legionella nell’impianto idrico del Corpo M». Il testo invita, inoltre, alla «più attenta osservanza delle misure per la prevenzione della legionellosi correlata a procedure assistenziali». La disposizione è ancora in vigore. Nessuno però è in grado di dire per quanto tempo i malati dovranno continuare a lavarsi usando acqua minerale mentre due infermieri reggono il lenzuolo.

Gli operatori della sanità del policlinico lavorano in trincea. Danno tutto. Medici e infermieri meriterebbero l’Oscar della professionalità, ma nessun politico si ricorderà mai di loro. Neppure con un semplice grazie.

Fuori dal reparto di Neurologia ci imbattiamo in un’altra perla della sanità che il Centro documenta con tre foto (vedi sopra): la prima ritrae la piantina della via di fuga, in caso di terremoto o altre emergenza, che impone lo sgombero dell’ospedale. La seconda foto, scattata poggiando l’obiettivo sull’oblò della porta d’emergenza, ritrae il lungo corridoio di fuga. Infine la terza fotografia: immortala il consigliere Vitale mentre cerca invano di aprire quella porta. Che però è chiusa a chiave.

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