Sabino, ecco gli allarmi inascoltati prima dell’esplosione con i 3 morti 

La procura accusa gli indagati: «Servivano interventi di manutenzione per proteggere i lavoratori, erano necessari dopo i cinque incidenti sfiorati all’interno dello stabilimento tra il 2012 e il 2017»

VASTO. Sono stati almeno cinque gli allarmi inascoltati prima dell’esplosione che ha ucciso tre operai della Sabino di Casalbordino. È quanto emerge dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari firmato dal procuratore della Repubblica di Vasto, Giampiero Di Florio, che accusa di omicidio colposo plurimo aggravato e disastro colposo i vertici aziendali, ovvero Gianluca, Sabino, Massimo, Gabriella e Marco Salvatore (rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione, amministratore delegato e consiglieri del cda), il direttore dello stabilimento Giustiniano Tiberio, il responsabile del servizio di protezione e prevenzione Stefano Stivaletta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza Paolo Iocco e il capo reparto Carlo Piscopo. È indagata per responsabilità amministrativa anche la Esplodenti Sabino spa.
Alle nove persone che rischiano di finire sono processo è stata contestata anche l’aggravante di aver commesso il fatto violando 15 norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Gli operai Carlo Spinelli, 54 anni di Casalbordino, e i 45enni Paolo Pepe, di Pollutri, e Nicola Colameo, di Guilmi, hanno perso la vita il 21 dicembre 2020 mentre erano impiegati nel locale che ospita il forno statico, impianto adibito per la bruciatura di polveri di lancio, artifizi illuminanti, fumogeni ed esplosivo. Gli indagati sono accusati di aver «omesso intervenuti manutentivi per la protezione dei lavoratori», nonostante ne fosse emersa la necessità «da più fatti e documenti e dal verificarsi di incidenti». Il riferimento è ai report recuperati dai carabinieri del nucleo operativo e radiomobile di Ortona nel computer del direttore dello stabilimento Tiberio. Da queste carte si evince come, prima della tragedia, siano avvenuti cinque episodi classificati dall’azienda come «quasi incidenti», ovvero fatti che, pur avendone avuto il pontenziale, non hanno prodotto danni. I campanelli d’allarme ci sono stati l’11 gennaio 2012, il 18 settembre 2013, il 5 maggio e il 6 novembre 2015 e il 26 giugno 2017. In particolare, per l’ultimo episodio, nel report è precisato: «Dovrà essere valutata una soluzione impiantistica migliorativa che elimini l’alimentazione manuale del forno da parte dell’operatore e in generale la presenza dello stesso in prossimità dell’area di carico del forno». Dei «quasi incidenti», come sottolinea il pm, «non vi è traccia» nei verbali delle commissioni ispettive e nel Documento di valutazione dei rischi, ovvero il prospetto che racchiude le misure di prevenzione per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro.
Le famiglie delle vittime sono difese dagli avvocati Alessandro e Marco Perrucci, Fiorenzo Cieri, Pompeo Del Re e Maria Assunta Pomponio.
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