liti in famiglia

Sequestra la compagna in casa, a processo 46enne di Lanciano

L’aveva segregata e poi aggredita quando lei aveva provato a fuggire. Presi a calci e pugni anche i carabinieri intervenuti

LANCIANO. Un amore turbolento finito con lui, 46enne di Lanciano, che per supplicarla di restare a casa alla fine le ha impedito fisicamente di lasciare l’abitazione coniugale. Scagliandosi anche contro i carabinieri che, nel frattempo, la compagna aveva chiamato. L’uomo, G.D.U., è stato rinviato a giudizio con le accuse di sequestro di persona e resistenza a pubblico ufficiale. Un altro esempio negativo, di violenza contro una donna, che viene fuori nella giornata dedicata, oggi, alla lotta contro la violenza di genere.

Il processo si aprirà il 5 maggio 2016. Vedrà al centro una storia d’amore, malata per l’accusa, la Procura di Lanciano, che ha proceduto d’ufficio contro l’uomo, visto che la ex convivente non lo aveva denunciato. Per la difesa, invece, si trattarebbe dell’estremo tentativo di far restare la donna al suo fianco. I fatti risalgono al 26 ottobre 2014. Per l’accusa G.D.U. avrebbe rinchiuso la ex convivente in casa, privandola della sua libertà personale. Lei, G.R.S., pescarese, dopo aver chiamato i carabinieri, aveva fatto le valigie decisa a lasciare l’abitazione che divideva col compagno e a chiudere quella relazione travagliata.

Confidando nell’aiuto dei militari, si apprestava ad uscire di casa. Ma lui, mentre le diceva «Da qui non ti faccio uscire», le si scagliava contro sbattendola ripetutamente contro il muro di recinzione. Fin sul cancello di casa aveva provato a trattenerla con la forza. E non si era arreso neanche di fronte ai carabinieri. Anzi, innervosito ulteriormente dalla presenza dei militari, si era scagliato anche contro di loro e contro l’auto di servizio, presa a calci e pugni. Rifiutandosi di fornire le proprie generalità e in evidente stato di agitazione, si sarebbe rivolto ai due appuntati così: «Non vi do nulla perché sono dentro casa mia e qui non dovete venire…». Erano volate parolacce fino a quando, dopo aver afferrato e maltrattato la compagna davanti ai loro occhi, i carabinieri lo avevano ammanettato.

Non si era calmato neanche allora, ma aveva continuato a tirare calci e pugni all’abitacolo e sullo schienale dell’auto di servizio. «Quella sera è stato fermato ma non arrestato», spiega a sostegno della sua tesi la difesa, «segno che si trattava solo di una lite degenerata tra conviventi e non di un sequestro di persona. Non c’è stata neanche la denuncia da parte della donna. Il mio assistito voleva trattenerla per farla ragionare su una storia d’amore andata ormai in frantumi. La donna, infatti, non è tornata più indietro. Da quella sera non si sono più visti». Lo faranno adesso in sede di processo.

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