Si schiantano in auto dopo l’accoltellamento

Prima tre pugnalate allo Scalo a Cipressi, il fratello dell’omicida di Di Marco Poi il volo di venti metri in via Papa Giovanni. Un indizio incastra tre giovani

CHIETI. Tre pugnalate e uno schianto terribile con l’auto. I due fatti gravi di una notte folle e violenta hanno gli stessi protagonisti: tre ragazzi di origini campane da anni residenti a Chieti. «Che ti guardi!» è la frase che, venti minuti dopo mezzanotte, accende la miccia allo Scalo, davanti al pub Bros e alla caserma Rebeggiani. Christian Cipressi, fratello di Emanuele, che si trova in carcere per l’omicidio di Fausto Di Marco, viene accoltellato davanti a trecento testimoni. Venti metri è invece il volo che una Ford Ka fa in via Papa Giovanni XXIII, a Chieti alta. L’auto esce di strada alla una di notte, tra sabato e domenica, distrugge muretto e ringhiera, e si schianta contro il palazzo al civico 25. Un indizio, rigorosamente coperto dal segreto, collega i due fatti. La squadra mobile lo rinviene alle 12 di ieri nel luogo dell’incidente. Spunta quasi per caso dal cilindro delle indagini.

TRE PUGNALATE. Cipressi è davanti al pub, insieme alla ragazza, quando scoppia la lite. «Che ti guardi!», esclama uno dei tre. Ma lui non resta inerme. Partono degli spintoni, intervengono gli altri due, e spunta il coltello. I fendenti sono tre, raggiungono l’aggredito all’addome, al torace e al dorso della mano destra. La lama gli recide i tendini. Ma non sono colpi mortali, la prognosi è di trenta giorni e l’ipotesi di reato non è di tentato omicidio ma di lesioni volontarie. La ragazza vede tutto. Ma i testimoni, definiti reticenti dagli investigatori, sono centinaia.

Cipressi perde sangue, si accascia vicino a un’aiuola, mentre i tre fuggono a piedi. I poliziotti della squadra mobile che arrivano sul posto pensano a una vendetta per il delitto Di Marco, avvenuto il 9 ottobre in via Pescara a Chieti Scalo. Ma non è così. E’ solo una lite per motivi banali che degenera. Non è una faida.

L’INCIDENTE. «Ho sentito un boato, sembrava che il palazzo stesse per crollare. Poi delle urla di un giovane che chiedeva aiuto». Il racconto di un residente è drammatico.

Davanti al civico 25 di via Papa Giovanni ci sono i segni dello schianto: la ringhiera divelta, il muretto abbattuto e, venti metri più in basso, sul muro dell’appartamento a piano terra, c’è una macchia di sangue lunga quasi un metro e larga trenta centimetri. La Ford Ka, invece, è stata recuperata alle 5 dai vigili del fuoco. Dall’auto sono stati estratti e quindi soccorsi, dal 118, C.G., di 23 anni, originario di Torre Annunziata, e L.C., di 20, anch’egli campano. Ma un terzo giovane è stato visto fuggire e poi salire su una Smart bianca guidata da una donna. Oggi sarà identificato.

I FERITI. Il più grave è C.G.. Viene ricoverato in prognosi riservata a Pescara. Ma non è in pericolo di vita. L’altro, invece, viene medicato a Chieti, e poi dimesso con 15 giorni di prognosi. Ma avrebbe commesso l’errore di tornare sul luogo dell’incidente dove i poliziotti hanno trovato l’indizio che collega i due fatti. I rilievi dello schianto e le relative indagini, sono condotte dai carabinieri della compagnia di Chieti. Sulle pugnalate, invece, indaga la Mobile. Di entrambi i casi si occupa la pm Lucia Campo. Oggi sarà il giorno decisivo che chiuderà il cerchio.

LE INDAGINI. Partono dalle pugnalate e arrivano allo schianto. Ma il collegamento non è stato automatico per una serie di motivi che hanno reso più difficile del previsto il lavoro della polizia. Il primo è che Cipressi, sentito mentre veniva medicato in ospedale, non ha saputo fornire i nomi dell’aggressore e dei due complici.

Il secondo è che la sua fidanzata, subito sentita come testimone, sarebbe stata anche accompagnata all’ospedale di Pescara dove però non avrebbe riconosciuto in C.G. il giovane che ha pugnalato Cipressi. A quel punto quello che sembrava un semplice sillogismo, tre che aggrediscono e parlano napoletano e poi tre che si schiantano e sono pure loro campani, non ridà. Ma spunta l’oggetto indizio sul luogo dell’incidente che collega quest’ultimo con le tre pugnalate. E fa tornare i conti a chi sta indagando.

IL SINDACO AVVERTE. «Nonostante nella nostra città ci sia un alto livello di sicurezza e tranquillità, purtroppo questo episodio, insieme al verificarsi di alcuni delitti predatori, iniziano a mostrare segni di deterioramento del tessuto sociale», così dice il sindaco, Umberto Di Primio, «è evidente che dipende molto anche da come vengono gestiti alcuni locali e dipende molto dall'attenzione che si pone nel conservare un livello di sicurezza anche per coloro che frequentano questi locali. Io non faccio una guerra alla movida, perché non è un fenomeno a poter determinare la violazione delle regole del convivere sociale», aggiunge, «però è altrettanto vero che il ripetersi di questi fenomeni inizia a richiedere un'attenzione diversa da parte soprattutto delle forze dell'ordine. Per parte nostra farò fare un nuovo giro di controlli su tutte le attività che possono essere soggette a questo tipo di degenerazione».