Sigilli a 1.200 bare cinesi importate a 50 euro l’una

Sdoganate come semplici pezzi di legno per evadere oltre 6 milioni al Fisco Stoccate a Chieti, Casacanditella, Francavilla, Vacri e Popoli: 14 denunciati

CHIETI. Un eterno riposo made in China, grazie a bare taroccate, importate dalla Cina di contrabbando come fossero del semplice legname (e dunque pagando tasse e dazi doganali più bassi) e rivendute in maniera contraffatta con falsi marchi di note aziende del settore, sia italiane che europee. Le agenzie di pompe funebri non ne sapevano nulla. Una volta sottoterra, poi, difficile andare a verificarne la tenuta. Che senza dubbio risulta minore di quella di una cassa mortuaria costruita secondo le norme italiane. E così il compratore finale pensava di acquistare una Lorandi di Brescia, un’Eurocoffins o una polacca Sybond Poland, realizzate con legni pregiati a regola d’arte, per poi ritrovarsi un prodotto poco resistente e fatto con altri tipi di legname.

A prima vista nulla faceva pensare al Made in China pure sulla cassa da morto. Eppure, a un’indagine più accurata, si poteva notare, ad esempio, che i marchi delle case costruttrici non erano impressi nel legno come si fa abitualmente ma semplicemente stampati con un timbro, neanche tanto indelebile, visto che passandoci più volte il dito iniziava a scolorirsi. Un affare comunque ben congegnato che aveva portato a ricavi illeciti per 6 milioni e 150 mila euro. La guardia di finanza teatina, però, ha scoperto tutto, grazie a un’attività di ricerca informativa svolta dal comandante della compagnia di Chieti, capitano Angela Vallario, dal luogotenente Maurizio Mercaldo, dal maresciallo aiutante Giovanni Pelliccio e dal maresciallo capo Pierfilippo Milano, sotto la supervisione del comandante provinciale, colonnello Vittorio Di Sciullo. Ha preso il via così l’operazione “China Coffins” che ha portato al sequestro di 1203 bare taroccate e 14 persone denunciate.

TAROCCHI CINESI. I cofani mortuari arrivavano dalla Cina grazie a una ditta cinese, la Cao County HuifengyuanWooden Co. Ldt, che li faceva passare alla dogana come fossero del semplice legname. Utilizzavano, infatti, codici merceologici fasulli e dichiarazioni mendaci. Il “legname” viaggiava su navi che attraccavano nei porti di Napoli e Ancona. Un singolo pezzo costava 50 euro, mentre quando veniva rivenduta la singola bara veniva a costare 150 euro. Prezzo che saliva sul mercato finale da 400 a 800 euro al pezzo, a seconda del listino delle diverse griffe del mercato mortuario. L’inchiesta che riguarda le violazioni doganali, con quattro persone denunciate per contrabbando, è stata spostata alla Procura di Napoli. A Chieti resta, invece, l’indagine sui reati fiscali. Una volta ingannata la dogana, le casse taroccate viaggiavano sui Tir per invadere il mercato delle regioni del centro Italia, grazie a otto ditte del settore.

8 SOCIETA’ COINVOLTE. Sottoposte a verifica, le otto società coinvolte (una con sede a Rimini, due a Bari e le altre tra Chieti e provincia), sono risultate tutte evasori fiscali. Complessivamente non avevano dichiarato al fisco 6.149.654 euro di ricavi e non avevano pagato 1.064.248 euro di Iva e 5.153.650 di Irap. A fronte di questa situazione sono scattate 11 denunce per reati fiscali nei confronti dei titolari delle società. Si tratta, però, per tutte le ditte di prestanome o di persone comunque riconducibili al sodalizio che gestiva l’operazione. Un gruppo formato da cinesi, romeni e italiani di origine pugliese ma radicati nella provincia teatina.

IL FINTO FURTO. Il primo sequestro delle bare contraffatte è avvenuto ad ottobre 2013. I sigilli erano stati posti a quattro depositi che si trovano a Casacanditella, Francavilla e Vacri. A febbraio scorso, però, è stato denunciato il furto di 385 cofani da uno dei depositi di Casacanditella. Ma il furto era falso. Tanto è vero che i finanzieri ci hanno messo poco per scoprire un nuovo deposito a Popoli, dove hanno ritrovato 67 delle casse da morto che sarebbero state rubate. Le altre probabilmente erano di nuovo finite sul mercato. E così è scattata un’altra serie di denunce, questa volta per simulazione di reato, ricettazione, violazione agli obblighi di custodia, violazione dei sigilli e asportazione di beni sottoposti a sequestro.