Il tribunale di Chieti

CHIETI

Simula un rapimento: "E' per amore". E il giudice la assolve

Ragazza chiede aiuto all’ex: «Mi hanno portata in una casa di Rancitelli, denudata e imbavagliata». Lui chiama i carabinieri che scoprono la messinscena

CHIETI. Simulare un rapimento per amore non è reato. Almeno così ha ritenuto il giudice del tribunale di Chieti Nicoletta Mariotti che, ieri pomeriggio, ha assolto «per tenuità del fatto» una 30enne di Francavilla al Mare, protagonista di una messinscena da film.

LA RICOSTRUZIONE. I fatti risalgono al 2 ottobre del 2018. Quella sera la ragazza chiede aiuto all’ex fidanzato: racconta che due persone incontrate al centro commerciale Arca di Spoltore l’hanno avvicinata con una scusa per poi tenderle una trappola. La giovane riferisce che, sotto minaccia e dopo una raffica di insulti, quegli sconosciuti l’hanno costretta a seguirli fino a un’abitazione del quartiere Rancitelli di Pescara, dove è stata spogliata e bendata. Non solo: i carcerieri, in un primo momento, le hanno portato via anche il cellulare. Poi, però, è stata lasciata libera. Fatto sta che la ragazza invia persino delle foto in cui è immortalata nuda, legata e imbavagliata. L’ex fidanzato, che in quel momento si trova in compagnia di un amico, va logicamente nel panico più totale e decide di fare l’unica mossa possibile: telefonare al 112. Nell’abitazione della 30enne si precipitano i carabinieri della stazione di Francavilla. E i militari dell’Arma accertano immediatamente come i fatti narrati dalla ragazza siano pura fantasia. Fin qui, la cronaca del finto rapimento.

IL PROCESSO. A distanza di oltre quattro anni dall’episodio, il pm d’aula Alissa Miscione ha chiesto l’assoluzione dopo aver individuato il possibile movente: la ragazza ha cercato di ottenere visibilità da parte dell’ex fidanzato e non voleva assolutamente rendersi responsabile di un reato punito con la reclusione da uno a tre anni. Alla richiesta si è associato il difensore dell’imputata, l’avvocato Antonio Di Blasio. E il giudice ha deciso di assolvere la ragazza perché, codice penale alla mano, «l’offesa è stata di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».

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