Sise delle monache, la storia in un dolce / Foto

Pan di spagna e tanta crema: ecco come sono nate le paste fresche di Guardiagrele

Il soffice pan di spagna, farcito con delicata crema pasticcera, ha tre protuberanze, spolverate di zucchero a velo. Prodotto da due sole pasticcerie, “Palmerio” ed “Emo Lullo successore di Filippo Palmerio”, è il dolce di Guardiagrele. Soprattutto la domenica mattina, quando la cittadina ha i negozi aperti e ospita il mercato degli ambulanti, bisogna fare la fila per acquistarlo: meglio passare qualche ora prima per la prenotazione.

Le sise delle monache sono inserite nell’elenco dei prodotti tipici del ministero delle Politiche agricole e forestali, si trovano nell’Atlante dei prodotti tipici del Parco nazionale della Maiella e hanno anche la chiocciolina dello Slow Food che premia i prodotti di qualità eccellente.

Creatore di questo dolce-simbolo, pare sia stato Giuseppe Palmerio tra il 1884 e il 1886. Mandato dal padre a Napoli ad apprendere l’arte pasticcera o a perfezionarla, tornò a casa realizzando questa sorta di brioche ispirata alla “zizza d’a regina“, pasta fresca a una sola coppa. Come sostiene il professore Mario Palmerio, ex sindaco, che su questa prelibatezza tutta guardiese ha realizzato un libro, sulla denominazione di sise delle monache ci sono tre teorie espicative.

La prima: la dizione originaria sarebbe quella di “tre monti“ che si riferisce alla montuosità delle contrade del paese o alle vette della Maiella - Murelle, Acquaviva e Focalone - che fanno da balia alla cittadina. Ma in modo malizioso, quella denominazione è stata trasformata in sise delle monache dalla fantasia popolare. Con il poeta dialettale Modesto Della Porta che poi ci avrebbe messo del suo: ammirando un giorno quelle paste più imbiancate del solito con lo zucchero a velo, esclamò: “Madonna come sono bianche e diritte e appuntite, mi sembrano proprio sise di monache”.

La seconda tesi: la monaca per perdere la vistosità del proprio corpo e assumere una fisionomia più spirituale, inseriva, secondo quel che si dice, un involto di stoffa tra i due seni in modo che la fascia che li copriva rendesse una superficie piatta, senza prominenze. Di qui, per la fantasia laica, l’esistenza di tre seni.

La terza ipotesi: le sise delle monache sono dette “delle monache“ perché questa particolare brioche è stata inventatata dalle suore, in particolare dalle clarisse. E’ ovvio che sise sono per i laici maliziosi; per le suore erano solo un tipo curioso di dolce.

Un dolce semplice ma squisito. A cosa è dovuta la sua bontà? Sicuramente agli ingredienti - pochi - ma di qualità. Zucchero, farina e uova fresche per il pan di spagna; latte fresco, uova, scorza di limone e farina per la crema. Il resto, come il dosaggio degli ingredienti, resta un segreto che viene tramandato tra generazioni e sconosciuto fuori dai laboratori. Il dolce è brevettato e le bocche restano cucite.

Spiega Emo Lullo, 33 anni, titolare della pasticceria Lullo, in via Roma: «Il target dei miei clienti è cambiato negli ultimi tempi. Prima il 70 per cento era di guardiesi, ora lo stesso dato è riferito a gente di fuori. Ciò è dovuto al fatto che il prodotto è molto conosciuto ovunque, ha qualità forse superiori agli altri dolci, ha una sua visibilità: per questo gli acquirenti di fuori tornano in pasticceria. E poi in questo periodo difficile per la crisi, la vendita delle sise delle monache non ha registrato sbandamenti: vuol dire proprio che il prodotto regge. Il nome», prosegue Lullo, «sicuramente attira, almeno la prima volta in cui si viene qui. Ma una volta provato il prodotto, si torna qui come se ci si fosse affezionati. La nostra forza è anche la memoria storica di questo dolce. Con le tecniche moderne poi riusciamo sempre a migliorare qualcosa. Un limite? Certo che c’è: è che il prodotto è fresco e va consumato al massimo in un paio di giorni. Per questa ragione non lo non consegno fuori: è legato al nome di Guardiagrele e bisogna venire qui per mangiarlo. Era così per mio nonno Emo, lo è anche per me».

Per Nino Di Santo, 46 anni, titolare della pasticceria Palmerio, in via Roma, «il turista è catturato molto dalla curiosità di questo dolce e appena entra in pasticceria fa tutta una mimica per chiedere le sise delle monache. Lo vedi ridere, scherzare e a volte fare anche spallucce. E spesso quando mi chiede spiegazioni, sottolineo che vanno chiamate sise delle monache, e che i vari aneddoti sui nomi rimandano alle cime della Maiella o al seno prosperoso di qualche suora tanto da far sembrare che avesse una terza sisa. Non dimentichiamo, poi, quanto viene attribuito al poeta guardiese Modesto Della Porta che, vedendo questo dolce imbiancato dallo zucchero a velo, disse che sembravano sise delle monache. Le caratteristiche? Il pan di spagna particolare, direi non comune, e la crema pasticcera senza liquori. E’ indubbiamente un dolce di alta pasticceria. Una pasta fresca di altissimo livello. Provare per credere». Giusto, provare per leccarsi i baffi.
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