Tribunale, personale in rivolta

In un documento chiedono l'utilizzo del telefono e «maggiore rispetto»

CHIETI. Tribunale di Chieti ad alta tensione. E questa volta non c'entrano le interrogazioni dell'onorevole Daniele Toto (Pdl). Le fibrillazioni arrivano dall'interno e vertono tutte sull'aspetto organizzativo dei lavori. Le proteste degli avvocati sono note da tempo.

A queste si affiancano quelle dei dipendenti del tribunale. Proteste messe nero su bianco alla fine dell'assemblea, convocata dalle rsu, del 22 giugno scorso. Il malcontento è tale che «molti dipendenti presenti alla riunione», si legge nel verbale, «hanno manifestato l'esplicita intenzione di chiedere il trasferimento in altra sede giudiziaria ove non si provvederà alla eliminazione delle problematiche segnalate».

Già, ma quali sono le problematiche sollevate? Sono nero su bianco nel documento sottoscritto dai rappresentanti rsu, Alceo Bucceroni, Laura Paciani e Silvia Petaccia, e inviato al presidente Geremia Spiniello e al dirigente, Dora Di Giovannantonio. Problematiche aggravatesi a seguito del trasferimento delle cancellerie civili nell'edificio di via Arniense. Il documento parla di «eccessiva burocratizzazione nei rapporti intercorrenti tra il capo dell'ufficio e il personale»; «esasperata gerarchizzazione nei rapporti con i capi ufficio che quotidianamente si vedono costretti a presentarsi ogni mattina alle ore 8 per dare il rendiconto delle attività delle loro cancellerie anche in assenza di urgenze oggettive».

Da qui la solidarietà dell'assemblea ai colleghi che hanno ricevuto la lettera di contestazione per l'avvio di procedimenti disciplinari.  Il personale del tribunale, inoltre, chiede «maggiore fiducia e rispetto», «l'utilizzazione del telefono per le urgenze», e «l'abilitazione ad avere la posta elettronica come mezzo di comunicazione economico, veloce e sicuro, così rendendosi partecipe delle nuove spinte di rinnovamento della pubblica amministrazione». 

I giudici.
Un altro fronte è quello aperto tra il presidente del tribunale Geremia Spiniello e i magistrati del settore civile. Nelle scorse settimane c'è stato un botta e risposta. Spiniello il 9 giugno scorso ha firmato una circolare per regolamentare il lavoro delle udienze collegiali civili e per «ovviare a disguidi organizzativi derivanti dall'assenza dei giudici componenti del collegio che comportano anche delle inutili e ingiustificate attese ai colleghi presenti, alle parti private e ai loro difensori». E via alcune direttive indirizzate ai giudici.

A distanza di nove giorni, il 18 giugno, ecco la lettera di risposta firmata da Ciro Marsella, Alberto Iachini, Lucio Luciotti, Adolfo Ceccarini, Ilaria Prozzo e Patrizia Medica. Piuttosto pepata. «Constatiamo con rammarico e notevole disappunto che lei», rivolto al presidente Spiniello, «anziché apprezzare lo spirito di sacrificio, derivante dalla situazione di obiettivo disagio - anche logistico - in cui lavoriamo, lamenti disguidi organizzativi.

Al riguardo oltre a contestare i presunti ritardi alle udienze, neghiamo che si siano verificati disagi per i colleghi, per il Foro e per l'utenza derivanti da trascuratezza o negligenza di singoli componenti del collegio civile». Poi l'affondo: «Evidenziamo, invece, che la distribuzione non omogenea, sotto il profilo quantitativo, dei procedimenti tra le due udienze mensili tabellarmente previste determina sovente obiettive difficoltà di gestione delle stesse».

E infine l'invito al presidente Spiniello a «introdurre forme di partecipazione alle scelte organizzative dell'ufficio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA