Addio a Frank, il fotografo di “The Americans” 

Attraversò gli States e solo 83 dei circa 28mila scatti di quel viaggio composero il suo capolavoro

NEW YORK. Nuovo lutto nel mondo della grande fotografia. Dopo Peter Lindbergh la scorsa settimana, è morto Robert Frank.
Considerato uno dei più grandi fotografi del Novecento, l’americano nato in Svizzera Frank si è spento a Inverness, in Canada, a 94 anni. La notizia della scomparsa è stata confermata al New York Times dalla galleria Pace-MacGill di Manhattan che lo rappresentava. Frank era noto soprattutto per The Americans, capolavoro in bianco e nero di ritratti che raccoglieva foto scattate a metà anni '50 su una Leica 35mm viaggiando in 48 stati americani. Pubblicato prima in Francia nel 1958, il libro cambiò il modo di fare fotografia documentaria e meritò al suo autore il soprannome di «moderno Toqueville» o anche, nelle parole di Janet Malcolm del New Yorker, «il Manet della nuova fotografia».
Robert Frank era nato a Zurigo in una famiglia ebrea benestante. Negli Usa, dove era arrivato a 23 anni, si considerava un profugo artistico, in fuga dalle vedute ristrette del suo paese di origine. The Americans nacque grazie a una borsa della Fondazione Guggenheim che gli permise di girare gli States in lungo e in largo a bordo di una Ford Business Coupè, armato di due macchine fotografiche e centinaia di rullini. Solo 83 delle circa 28 mila foto frutto di quel viaggio finirono in The Americans che negli Usa uscì nel 1959 con la prefazione Jack Kerouac («ha succhiato un poema triste dall'America», scrisse allora l’autore, due anni prima, di “On the Road”), inizialmente criticato per lo stile diretto e i soggetti spesso agli antitesi in la visione ottimistica dell'America che Hollywood e i pubblicitari di Madison Avenue cercavano di proiettare nel mondo. «Ero stanco del romanticismo: volevo presentare quel che avevo visto, puro e semplice», aveva spiegato una volta l’autore. The Americans ebbe un’enorme influenza non solo per la fotografia -–Frank è considerato l’apripista che rese possibile il lavoro di Diane Arbus – ma anche sul mondo dell’arte: «Fu una esperienza sconvolgente, un terremoto», disse Ed Ruscha che lo sfogliò per la prima volta da ragazzo. Dopo quel libro, Frank non riuscì più a ottenere lo stesso successo. Abbandonata quasi del tutto la fotografia, cercò di darsi al cinema e nel suo primo film, “Pull My Daisy” con la voce narrante di Kerouac, recitano Allen Ginsberg e il poeta Gregory Corso. Nel 1972, una disavventura con i Rolling Stones: la band gli fece causa per bloccare la distribuzione del documentario “Cocksucker Blues” per le scene esplicite di sesso e droga che mostrava. Un tribunale stabilì poi che il film poteva essere mostrato al pubblico solo alla presenza di Frank e lui organizzò diverse proiezioni nel corso degli anni, compresa una al MoMA di New York nel 2012.
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