Bruni: «Racconto quei film  così brutti che ci piacciono» 

Il saggista di cinema pescarese parla del suo libro “Registi del mondo” «Duemila cineasti elitari, mestieranti, oscuri, dimenticati e qualche rivalutato»

Pino Bruni è un appassionato di cinema, di tutto il cinema anche di quello che non ci sogneremmo mai di vedere. E questa sua passione da cinefilo l’ha riversata nella realizzazione di un libro “Registi del mondo” (Gremese editore, 1500 pagine, 99 euro) che è una sorta di enciclopedia in cui trovano posto 2.000 cineasti «elitari, mestieranti, misconosciuti, oscuri, riscoperti, da (ri)scoprire, esotici, sommersi, dimenticati e qualche rivalutato». A un anno dalla sua uscita, Bruni, 50 anni, romano di nascita ma pescarese di adozione, sta lavorando a un aggiornamento del libro in formato e-book, che dovrebbe essere pronto in primavera. In attesa di nuove scoperte, dei suoi registi e film minori Bruni parla in questa intervista al Centro.
Da dove nasce l’idea di questo libro?
Dal fatto che c’era un vuoto di informazione su questi registi e film cosiddetti minori. Al massimo trovavi qualche riga in libri di cinema che si occupavano d’altro, ma niente di più.
Come ha fatto a ricostruire vite e carriere di registi e trame di film?
La ricerca l’ho fatta soprattutto su Internet. Partivo da nomi di registi trovati citati in altri libri e da lì mi sono mosso, cercando di ricostruire ciò che hanno realizzato e le trame dei film.
Nascere in un posto periferico rispetto all’Occidente ricco segna ancora il destino di un regista?
Sicuramente. Prendi un regista africano: deve andare in Francia, per la questione della lingua, se vuole fare qualcosa, anche se è un genio. Oppure metti che uno nasca in Bolivia o in Indonesia: buona notte. Ognuno è un po’ vittima del posto in cui nasce.
È un po’ così anche se nasci in Italia?
Sì. Noi abbiamo parecchi registi minori che, però, hanno fatto cose alle quali vale la pena di dare almeno un’occhiata.
Qualche italiano minore che lei cita nel libro?
Ce ne sono così tanti. Ma, per esempio, mi viene in mente Gianfranco Parolini che ha fatto qualche western simpatico; oppure Nando Cicero che, anche se è stato rivalutato, con i suoi film erotici non può essere di certo paragonato a un Lattuada.
Un film minore italiano che le piace particolarmente?
Mi viene da dire ”Il tempo degli avvoltoi”, un film di Cicero del 1967.
Ci sono registi maggiori fra questi minori italiani?
Sì. Per esempio, Riccardo Fresa, che era considerato un mestierante in Italia, ma che i francesi adoravano. Oppure Lucio Fulci, o ancora, Sergio Corbucci che ha fatto dei buoni film.
Il suo preferito tra i film di Corbucci qual è?
Il “Django” con Franco Nero oppure “Il grande silenzio”.
Ci sono cose che questo cinema minore ci racconta che, invece, quello maggiore non riesce a raccontare?
A volte, paradossalmente, questi registi minori hanno più coraggio e si lanciano in cose azzardate che il grande regista si trattiene dall’affrontare; anche se poi lo fanno in maniera discontinua e cialtronesca. Penso, per esempio, ai film “poliziotteschi” italiani degli anni Settanta.
Qual è, per esempio, un tema che un regista minore degli anni Settanta affrontava a differenza di uno maggiore?
Per esempio, la sessualità oppure il modo in cui funzionava la malavita nei film “poliziotteschi”. Penso ai film di Fernando Di Leo, forse il migliore dei registi di quel genere. Anche se in quei film si vede sempre la cialtroneria tipica italiana, un timbro vagamente rozzo che, però, in certi genere può anche funzionare.
I film minori, a volte, possono essere meno noiosi di quelli cosiddetti maggiori?
Sì, possono intrattenere di più. Ma dipende sempre da chi li guarda. Spesso è un divertimento superficiale che resta lì, alla fine non ti lascia niente.
Suggerisca ai nostri lettori un paio di film minori da vedere, magari scaricandoli da Youtube.
Ah, ce ne sono così tanti. Mi viene in mente “La polizia bussa alla porta” di Joseph H. Lewis, un poliziesco americano che è stato rivalutato con il tempo. Un altro film di quelli che gli americano definiscono “così brutti che sono buoni” è un classico del cinema minore, “Plan 9 from outer space” di Ed Wood, divertente proprio perché fatto male, strambo, e che va visto non come un’opera di Tarkovskij, ma come un divertimento, con tanto popcorn e tanta birra.
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