David Foster Wallace e lo scherzo infinito del nostro presente

di Giuliano Di Tanna «Può darsi che vi giunga nuova, ma nella vita c'è di più che starsene seduti a stabilire contatti». Non esistevano Facebook né Twitter, né Instagram quando David Foster Wallace...

di Giuliano Di Tanna

«Può darsi che vi giunga nuova, ma nella vita c'è di più che starsene seduti a stabilire contatti».

Non esistevano Facebook né Twitter, né Instagram quando David Foster Wallace scriveva queste parole. Era il 1993 o forse il 1994, perché le troviamo all’inizio di un libro di cui, in questo mese di febbraio del 2016, celebriamo il ventennale della pubblicazione. Il libro si chiama Infinite Jest ed è il romanzo al quale David Foster Wallace affidò la sua apocalittica visione di un futuro che per noi è ormai il presente. Lui, l’autore, non è più qui a spiegarci se e fino a che punto il mondo in cui viviamo aderisce al profilo che lui aveva disegnato in quel romanzo. Il compito di farlo lo ha lasciato a noi, da quel 12 settembre di otto anni fa quando si uccise impiccandosi sul patio della sua casa a Claremont in California, all’età di 46 anni.

Da allora, la fama di Foster Wallace è cresciuta alla stregua di quella di altre icone che non hanno fatto in tempo ad afferrare la maturità, di quel mondo della rappresentazione e dello spettacolo – dell’inautenticità, direbbe Adorno – che è al centro di quel mastodontico libro di più di mille pagine che la rivista americana Time incluse nella lista dei 100 migliori romanzi di lingua inglese dal 1923 al 2006. Tuttavia, come se ve ne fosse bisogno, a rinverdire il ricordo dello “scrittore con la bandana”che il New York Times definì «la mente migliore della sua generazione», arrivano adesso un film, The End of the Tour, che sarà nelle sale italiane dall’11 febbraio, e l’annuncio di una serie televisiva su Infinite Jest, che dovrebbe essere realizzata da grandi registi come Martin Scorsese, i fratelli Cohen e Jim Jarmusch.

The End of the Tour - Un viaggio con David Foster Wallace – è questo il titolo completo della pellicola-– è diretto da James Ponsoldt e ha Jason Segel (l’attore ex ciccione della sit-com televisiva “Come ho incontrato tua madre”) nei panni di Foster Wallace e Jesse Eisenberg nel ruolo di David Lipsky, lo scrittore e giornalista di Rolling Stone, che lo accompagnò in giro per l’America, per cinque giorni, nel tour di promozione del romanzo.

L’idea era quella di trarre una lunga intervista da quel tour. Ma l’intervista non fu mai pubblicata, e le cassette audio su cui vennero registrati i colloqui di quei cinque giorni finirono nello scantinato di Lipsky. I due non si incontrarono più. Il film si basa sul libro di Lipsky, “Come diventare se stessi”, pubblicato dopo il suicidio di Wallace nel 2008 ed edito in Italia da Minimum Fax.

Ma che cos’è Infinte Jest e perché questo romanzo, che in pochi sono riusciti a leggere fino all’ultima pagina, ha generato un culto simile a quello che avvolge altri libri-mondo come il Moby Dick di Melville, l’Ulisse di Joyce, e Alla ricerca del tempo perduto di Proust?

Il titolo innanzitutto. Infinite Jest significa scherzi infiniti ed è una citazione tratta dalla scena dell’Amleto di Shakespeare in cui il principe danese, conversando con Orazio, parla di Yorrick, l’ex buffone di corte, tenendone fra le mani il teschio: «Ahimè, povero Yorick! L'ho conosciuto, Orazio: un compagno di scherzi infiniti». Il mondo futuro che Foster Wallace immagina ha la forma di un interminabile (e crudele) scherzo. E’ un universo dominato dall’intrattenimento nel quale il Nord America è uno stato unico, composto dagli Stati Uniti, dal Canada e dal Messico, chiamato Onan, acronimo di Organization of North American Nations, che richiama la natura narcisistica, solipsistica e masturbatoria dell’umanità in cui ci saremmo trasmutati, secondo lo scrittore, e che oggi abbiamo dispiegata davanti agli occhi, come il riflesso di uno specchio, ogni qual volta accendiamo lo schermo di un computer o il display di uno smartphone.

Nella repubblica di Onan tutto è reificato. Anche gli anni sono stati venduti agli sponsor. Così ci sono l’ Anno del Whopper (un hamburger), l’Anno dei Cerotti Medicati Tucks, l’Anno del Sapone Dove in Formato Prova, l’Anno del Wonderchicken Perdue, l’Anno della Lavastoviglie Ultra Silenziosa Maytag, l’Anno dell’Upgrade per Scheda Madre per Cartuccia Visore a Risoluzione Mimetica Facile da Installare per Sistemi Tp Infernatron/InterLace per Casa, Ufficio o Mobile Yushityu 2007, l’Anno dei Prodotti Caseari dal Cuore dell’America, l’Anno del Pannolone per Adulti Depend. Al centro del romanzo c’è un gioco, uno sport, il tennis, molto amato da Foster Wallace che a esso dedicò anche uno dei suoi esilaranti saggi, “Il tennis come esperienza religiosa”. Nel libro, il tennis è una metafora dell'agonismo nella società americana e delle «infinite soluzioni in uno spazio finito». Ma il libro-mondo, Infinite Jest, espone e frulla altri temi del nostro ludico futuro-presente: dalla dipendenza dalle sostanze stupefacenti agli abusi sui minori, alla pubblicità e all'ossessione dell’intrattenimento pop.

E’ un romanzo, Infinite Jest, che ambisce a realizzare il sogno-incubo di Borges di un libro che cataloghi e ricalchi, quasi in scala 1.1, tutto il creato; ma è soprattutto un lunghissimo apologo sull’immaturità dell’America e, quindi, dell’Occidente che il futuro non potrà che aggravare.

«L’unica cosa di cui ero certo è che volevo scrivere qualcosa che non fosse solo una satira raffinata», disse Wallace a Lipsky. «Volevo scrivere qualcosa che parlasse a livello, molto, molto profondo dell’America. E in fondo le caratteristiche che trovo più distintamente americane in questo momento, alle porte del nuovo millennio, sono legate sia all’intrattenimento sia a uno strano, irresistibile… uhm… desiderio di abbandonarsi a qualcosa». Quel qualcosa è una sorta di eterna adolescenza che guarda con diffidenza quando non anche con esplicito terrore la maturità, sì, insomma, la realtà che sta al di là e al di sotto della patina che il mondo digitale dell’infinito gioco e dell’immediato piacere stende sulle nostre vite.

Il 21 maggio 2005, un anno prima che Infinite Jest raggiungesse gli scaffali delle librerie, David Foster Wallace tenne un discorso per la cerimonia delle lauree al Kenyon College. Mancavano tre anni alla sua morte, ma la conclusione di quel discorso suona, oggi, come un addio e un memento per noi che restavamo qui a completare il nostro viaggio.

«È straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni momento», disse David Foster Walllace, quel giorno, agli studenti di una piccola università del Midwest. «Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita. E comincia ora. Auguro a tutti una grossa dose di fortuna».

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