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De Sica: «Cerco di far ridere nell’Italia da piangere»

Intervista all’attore in scena al Pala Giovanni Paolo II di Pescara con Alessandro Siani nello spettacolo “Il principe abusivo”

«L’Abruzzo avrei voluto frequentarlo di più. A teatro ci sono stato una sola volta, a Pescara . Ma, un paio di anni fa, ho girato un film che si chiama Fräulein, con una brava regista abruzzese, Caterina Carone».

L’occasione per incontrare di nuovo il pubblico abruzzese, Christian De Sica ce l’avrà, domani sera al Palasport Giovanni Paolo II, dove sarà in scena con Alessandro Siani nella commedia “Il principe abusivo” di cui è autore e regista il comico napoletano. Romano, 66 anni, De Sica, alla vigilia dello spettacolo, parla del suo ritorno a teatro e dello stato di salute del cinema italiano in questa intervista al Centro.

De Sica, come si trova in scena con un comico come Siani?

Benissimo. Dovevo fare in teatro il Marchese del Grillo, che poi ha fatto Enrico Montesano, ma ho preferito fare il comprimario con Siani.

Perché?

Per stare vicino ai giovani. E non sono pentito. Questo spettacolo lo portiamo in giro da due anni ormai, e quella di Pescara sarà la 104esima replica. E’ una frustata di energia. “Il principe abusivo” nasce per il teatro, poi è diventato un film. Un giorno, Siani mi ha chiamato e mi ha detto: “Voglio farlo per il teatro”. E’ stata una scelta azzeccata.

Si diverte di più con il teatro o con il cinema?

Mi diverto di più facendo i film. Ne ho girati 107, mentre di tournée teatrali ne ho fatte solo cinque. Mi piace di più il cinema, intanto, perché mi è più familiare. E poi, io sono uno che si sveglia alle 6 del mattino; invece, con il teatro fai tardi, vai a mangiare a mezzanotte, dopo lo spettacolo, e a letto alle 3. Siccome io mi sveglio sempre alle 6, mi ritrovo con tre ore di sonno appena. Poi c’è il fatto che a me non piace viaggiare, dormire nelle stanze d’albergo. L’unica cosa bella è il rapporto con il pubblico che hai a teatro. Per questo, quando posso, faccio mettere la luce anche sulla platea: per vedere, dalle facce, se la gente si diverte. Inoltre, a teatro la scena la cambi un po’ ogni giorno. Al cinema, una volta girata, resta quella.

In scena improvvisa?

No. Io sono abituato a seguire il testo, mentre Siani, sì, improvvisa. Siamo diversi: io ho un camerino gelato, lui bollente. Ma andiamo d’accordo.

Ha visto la cerimonia dei David, l’altra sera? Anche quest’anno nessun film comico fra i premiati o i candidati: come se lo spiega?

Ma che vuole che le dica? Sono contentissimo del David dato alla Pazza gioia perché meritatissimo dal produttore, dal regista, Paolo Virzì e da Valeria Bruni Tedeschi, un’attrice straordinaria. E sono contentissimo per i David a Veloce come il vento e ad Accorsi che è un attore bravissimo e completo.

Ma...

Ma alcuni dei premi precedenti erano ridicoli. Quei film non li conosce nessuno e non li andrà a vedere nessuno. Come si dice? Se la cantano e se la suonano da soli. Quest’anno, i tre film con i maggiori incassi sono stati nell’ordine: quello di Ficarra e Picone, quello di Siani e quello che ho fatto io insieme a Brignano. Lasciamo perdere me, ma gli altri tre attori sono stati completamente ignorati dai David, non li hanno neanche invitati alla cerimonia. E pensare che da quarant’anni manteniamo le casse del cinema italiano. L’anno scorso, per dire, non è stato invitato Checco Zalone che aveva incassato 65 milioni con il suo film. Questo modo di fare è sbagliato. Non si può fare solo il cinema d’autore, come succede qui in Italia. Bisogna fare come a Cannes dove c’è il cinema di passione e quello autoriale.

Il suo giudizo sul cinema italiano è totalmente negativo?

No. A me piace il cinema italiano. Negli ultimi anni, sono usciti fuori anche autori bravi come Sorrentino e Garrone, oppure lo stesso Virzì. Ma c’è anche il cinema degli altri. Il mio film di Natale, per esempio, ha incassato 6,8 milioni che è un incasso fantastico, se pensi che La pazza gioia ha fatto 5 milioni, Invisibili ha fatto 300mila euro, più o meno, e Veloce come il vento 200mila. Questi sono gli incassi. Non si possono ignorare quando si parla di cinema italiano.

La critica italiana accetta la comicità solo se è «garbata». Cos’è la comicità garbata?

Non esiste, la comicità garbata. Se una parolaccia la dico io o la dice il povero Banfi siamo dei cafoni volgari; se la dice Woody Allen è arte.

Quali sono i suoi comici italiani preferiti?

Totò e Sordi. Amo quasi tutti i film di Alberto. Sordi era un genio. Non aveva bisogno di truccarsi da comico. E’ stato il primo a essere cattivo nei film.

C’è più da ridere o da piangere nell’Italia di oggi?

Da piangere. E’ un Paese allo sbando totale, con tutti ’sti ladri al governo. Poi ci sono anche delle persone comuni perbene, che però vengono ignorate.

Come vorrebbe essere ricordato?

Non vorrei essere ricordato. Se vai al Verano e vedi certe tombe abbandonate, ti prende un colpo. Preferisco essere bruciato e buttato in mare a Capri.

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