al teatro cordova di Pescara 

Debutta “Ma che guerra c’è?” l’Abruzzo dopo l’8 Settembre ’43

PESCARA. La rassegna “S.e.I. a Teatro” (Storie e Ideali a Teatro) al Cordova di Pescara ospita domani (ore 21) l’anteprima dello spettacolo “Ma che guerra c’è?” prodotto dalla Compagnia La Torre di...

PESCARA. La rassegna “S.e.I. a Teatro” (Storie e Ideali a Teatro) al Cordova di Pescara ospita domani (ore 21) l’anteprima dello spettacolo “Ma che guerra c’è?” prodotto dalla Compagnia La Torre di Babele, scritto e diretto da Michele Di Mauro e interpretato dal regista con Luigi Ciavarelli, Lina Bartolozzi, Martina D’Addazio. Lo spettacolo è il terzo appuntamento della rassegna ideata e diretta da Milo Vallone e organizzata dalla Tam Tam Communications e il Cantiere Teatrale Adriatico e riporta lo spettatore al luglio del ’43. Fino ad allora l’Abruzzo non aveva avuto “contatti diretti” con la guerra e il conflitto era vissuto come un evento lontano. L’unico segno visibile della tragedia in atto era, in 15 comuni tra cui Sulmona, la presenza dei campi di internamento per cittadini di nazioni ostili. L’inizio dei bombardamenti di Pescara nell’agosto cambiò tutto. In seguito all’8 settembre e alla fuga di Vittorio Emanuele III e Pietro Badoglio, la regione venne occupata dalle truppe tedesche che organizzarono la difesa sulla linea Gustav, che attraversava la regione attestandosi sulle rive del Sangro. Mentre gli alleati intensificarono i bombardamenti aerei su molte città abruzzesi, vi furono eccidi da parte dei tedeschi come quello a Sella Ciarelli vicino Teramo come risposta all’attacco dei partigiani di Bosco Martese, la rivolta ottobrina di Lanciano, la fucilazione a Badia di Sulmona e tanti altri. «Lo scopo principale di questo progetto», si legge nella presentazione dello spettacolo, «è di raccontare alcuni degli eventi a cavallo dell’8 settembre ’43 di cui ricorrono gli 80 anni. Attraverso un linguaggio immediato come quello del Teatro, 4 personaggi rappresentano le ragioni di una fazione o dell’altra in campo in quei tempi bui, con le loro storie, le loro emozioni, le loro ideologie, paure, ma anche con le loro speranze. Dopo 80 anni la memoria va coltivata perché quei fatti non si ripetano, ma è altrettanto importante ritrovare una pacificazione delle diverse anime che sono eredi di quel periodo».