il concerto

Finardi: oggi come ieri è tempo di musica ribelle

Il cantautore dei movimenti anni Settanta chiude stasera al Circus il #FLA16 Pescara Festival: «Sento in giro il bisogno di cambiare in maniera costruttiva il mondo»

di Ylenia Gifuni

«Sono andato a scavare tra bobine, suoni, canzoni, ricordi e ho ritrovato l'energia che vibra nelle ossa ed entra nella pelle». Questa immagine, intensa ed evocativa, racchiude il senso del progetto discografico !40 anni di musica ribelle” di Eugenio Finardi. La riedizione degli album storici, usciti tra il 1975 e il 1979, comprende i successi "Non gettate alcun oggetto dai finestrini", "Sugo", "Diesel" e "Blitz", rimasterizzati dai nastri originali per riprodurre con fedeltà il sound originale di canzoni simbolo come "Extraterrestre", "La Radio", "Musica Ribelle" e "Voglio". Il cantautore simbolo della libertà artistica, guru degli indipendenti, chiude la 14esima edizione del #FLA Pescara Festival con un incontro al cinema teatro Circus di Pescara, stasera alle ore 21, durante il quale sarà eseguita una selezione dei suoi successi in versione acustica, per chitarra e voce. In questa intervista al Centro Finardi racconta i sogni e le tensioni dei suoi "anni ribelli" ma anche i risultati di quella stagione di impegno civile alla luce della situazione economica e politica attuale.

Il cofanetto “40 anni di musica ribelle” è stato preceduto da un tour estivo che ha toccato anche la Cina: che emozioni ha ritrovato tornando a cantare quei brani dopo tutti questi anni?

Le grandi emozioni le ho provate ritrovando i nastri originali delle canzoni in un archivio della sala d'incisione. Come una macchina del tempo mi ha riportato indietro ai sogni e alle insicurezze di quei tempi. Mi ha fatto rivivere il me stesso giovane, quello che ho provato quando mi misi a fare questi dischi a poco più di 20 anni. Ero poco più di un ragazzino, con delle idee precise, ma riascoltando quelle musica ho capito quanto quelle canzoni oggi siano straordinariamente attuali, soprattutto alla luce delle elezioni americane e della vittoria di Donald Trump.

Quali sono i temi e pensieri delle canzoni della fine degli anni Settanta che oggi sono tornati di attualità?

C'è il bisogno di ribellarsi e di cambiare in maniera costruttiva il mondo. C'è il coraggio di intervenire sulla realtà. Penso sia il frutto dell'impotenza e dell'assenza di lotta che in questi anni ci ha portati, silenti, ad accettare di tutto fino a quando la rabbia ha determinato questo terribile risultato venuto fuori dalle urne negli Stati Uniti d'America.

Parafrasando un suo grande successo, chi è l'extraterrestre che potrebbe portarci via da questa situazione economica e sociale?

Ci vorrebbe una figura carismatica in grado di proporre un'alternativa al liberismo sfrenato a cui tutti si stanno ribellando con la Brexit, l'avvento di Trump e il rifiuto dell'Europa. Ma queste non sono soluzioni, ma reazioni emotive abbastanza isteriche e impulsive. Manca la proposta.

Oggi la rabbia delle nuove generazioni è spesso affidata ai social network. Come giudica questo fenomeno: è una vera ribellione o piuttosto una deformazione?

Non è una grande ribellione quella consumata tramite i social, innanzitutto perché c'è molto poco di social e davvero tanta individualità. Ci sono molte persone singole che, dal loro privato, commentano duramente, intervengono e si indignano. Ma tutto questo resta chiuso in una dimensione meramente individuale. Manca il senso della collettività perché nei social c'è poca partecipazione civile. Insomma quello che manca oggi è l'impegno e quel senso di partecipazione collettiva che negli anni Sessanta e Settanta ha cambiato il mondo.

Come sono cambiati quei ragazzi protagonisti del movimento della scena alternativa italiana?

Tanti hanno voltato bandiera più di una volta, mentre altri sono rimasti coerenti. Ma è cambiata la politica che molto spesso li ha traditi. Oggi è stato eliminato ogni pensiero di sinistra e non c'è una vera attenzione alla classe svantaggiata. Inoltre una grande fascia di idee non viene rappresentata. Anche da qui nasce il populismo: se nel menù devi scegliere soltanto tra la pasta in bianco e una minestrina insapore, allora non hai molta scelta e un po' ti girano...

Le idee e intenzioni che animarono quegli anni che forma hanno preso negli anni Duemila?

Allora avevo idee moderate di sinistra, ma non sono mai stato fanatico. Quelle convinzioni sono rimaste uguali, soltanto che nel panorama attuale mi rendono un estremista.

Tra i cantanti italiani di oggi chi stima maggiormente?

In assoluto Battiato per la coerenza della sua proposta. Ma apprezzo anche molti della generazione di mezzo come Silvestri, Gazzè, Fabi, Caparezza o Carmen Consoli.

Ha citato tutti artisti che nelle loro canzoni trattano temi sociali e "impegnati".

Non capisco come un cantautore possa non affrontare i temi sociali. Un'artista canta della propria vita e quindi del suo essere cittadino che nutre sentimenti, aspirazioni, drammi e conflitti della società in cui si vive. Il cantautore è anche un testimone lo dimostra la grande vita di Bob Dylan o Leonard Cohen che ci ha appena lasciato.

I giovani che vogliono approcciarsi alla musica da dove dovrebbero iniziare?

Dovrebbero studiare legge e fare avvocati perché l'industria discografica musicale è troppo rischiosa ed è un rischio vivere una vita di insicurezze. Nella vita è meglio avere un piano b.

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