Gianfranco Mazzoni, la voce che racconta i brividi della Formula 1 

Il telecronista teramano della Rai confessa le sue due passioni: il giornalismo e l’automobilismo «Ho iniziato al Tempo e in una tv privata della mia città. I piloti amici: Schumi, Trulli, Liuzzi e Tarquini»

«Il giornalismo è nato come un gioco, poi diventato professione». Gianfranco Mazzoni, da un ventennio la voce ufficiale della Formula 1, che a ogni Gran Premio accompagna gli appassionati dei motori tra gioie e dolori, è stato il golden boy del giornalismo abruzzese. Entrato in Rai a 23 anni (ma già a 20 collaborava), Mazzoni ha iniziato ragazzino a scrivere per i quotidiani tra le mura di casa a Teramo. A migliaia di chilometri da un hotel di Abu Dhabi da cui risponde alla telefonata del Centro. Nella capitale degli Emirati Arabi si correrà domani l’ultimo Gran Premio della stagione e il giornalista teramano ne farà come sempre la telecronaca, in compagnia dell’ex pilota Ivan Capelli. In attesa di rituffarsi in un mondo rombante e ipertecnologico, il racconto del percorso professionale fa evocare a Mazzoni esperienze, testate e personaggi appartenenti a stagioni pionieristiche e romantiche del giornalismo, non solo abruzzese. «Mio fratello, più grande di me di sei anni, scriveva per alcuni giornali, tra cui Il Mezzogiorno. Prima che venisse aperta dal direttore Paolo Cavallina, storico giornalista della Rai, la redazione di Teramo, Marcello era l’unico collaboratore e nostro padre e io gli davamo una mano. Praticamente mi ritrovai il giornale in casa. Mio fratello poi scelse un’altra strada e si iscrisse alla facoltà di medicina. Io invece fui portato da Tiberio Cianciotta al Tempo e poi a Tv Teramo, che era stata fondata da due personaggi meravigliosi che non ci sono più, Pietro Tancredi e Alberto Chiarini».
Era il momento delle prime tv libere.
«In un’epoca in cui c’era un solo telegiornale e in bianco e nero, Tv Teramo fu la seconda tv via cavo in Italia, dopo Tele Biella. Da lì iniziò la mia esperienza televisiva. Poi Tv Teramo chiuse per un anno e riaprì come Tele Teramo. In quegli anni feci anche le prime esperienze radiofoniche, con Radio Luna e Radio Babayaga».
La famiglia ha avuto un ruolo importante?
«I miei genitori Ezio e Adriana erano professori. In casa si parlava un italiano perfetto, c’erano sempre 2-3 quotidiani, si ascoltava la radio, si studiava molto. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia attenta allo studio e alla cultura. Mio nonno, Luigi Lucidi, mi portava allo stadio ma anche a teatro. Sono cresciuto in un ambiente familiare propizio».
Altri mèntori, oltre a Cianciotta?
«Altra figura importante è stato Gianni Gaspari, che mi ha inserito in Rai. Sono stato assunto dopo un precariato in cui ho fatto la spola tra Pescara e Teramo. Nel frattempo avevo fatto il servizio militare, ma quasi mollato l’università. Fu Luciano Russi (rettore dell’ateneo teramano dal 1994 al 2005, ndr), altro grande personaggio della cultura e dello sport, a spronarmi a riprendere gli studi».
L’esperienza di radiocronista in “Tutto il calcio minuto per minuto” le ha fatto incontrato giornalisti mitici come Enrico Ameri e Sandro Ciotti, voci entrate nella memoria collettiva.
«I migliori radiocronisti della storia. Ho fatto spesso il secondo ad Ameri, un mostro sacro. Facevo il bordo campo, le interviste. Ho lavorato pure con Ciotti, altro mostro. Ma più spesso con Enrico. Oltre a chiedere consigli, cercavi di imparare molto ascoltando e osservando. All’epoca non c’era il supporto del computer, era molto diverso fare le radiocronache. Ameri aveva una grande personalità e grande presenza al microfono. Imponeva la sua voce e la sua visione all’ascoltatore. Era anche molto meticoloso. Si arrivava allo stadio alle 11, tre ore prima dell’inizio delle partite, per preparare tutto con calma».
Ha seguito tanti eventi importanti. Quale le è rimasto nel cuore?
«A parte Olimpiadi e Mondiale di calcio, l’esperienza che ricordo con affetto è la partecipazione di Teramo a “Giochi senza frontiere” in Portogallo, con la squadra guidata da Pino Pecorale. Lì ho capito cosa significa gareggiare per la tua città».
In Formula 1 quale personaggio l’ha più colpita?
«Ventotto anni di F1 mi hanno dato la possibilità di conoscere personaggi come Ayrton Senna, grande professionista e grande uomo. Faceva interviste collettive e rispondeva solo alle domande che riteneva non banali. Se sapevi toccare le corde giuste, ti diceva cose molto interessanti. Poteva parlare di religione, o dei meninos de rua».
E Michael Schumacher?
«Un campione che sta lottando. Una personalità diversa da Senna, figlio dell’alta borghesia brasiliana. Ayrton forse più impegnato. Schumi forse più semplice, concentrato sulla famiglia e la Ferrari. Ho commentato tutto il suo ciclo vincente alla Ferrari, dal 1999 al 2005, 11 titoli piloti e costruttori. Ma nel 1997, ultimo Gran Premio a Jerez con le mani della Ferrari ormai sul mondiale, quando lui buttò fuori Jacques Villeneuve io lo criticai pesantemente in diretta tv senza aspettare il replay. Mi guadagnai le lodi di Aldo Grasso sul Corriere della Sera, ma stavo per giocarmi la carriera. Ci furono momenti di tensione con Montezemolo. Sembrava quasi che avessi tolto io il mondiale alla Ferrari».
Coi piloti nascono rapporti di amicizia?
«Con Schumi e gli altri piloti e giornalisti si andava ogni anno a sciare a gennaio a Madonna di Campiglio. Si creavano momenti di complicità, tra una fiaccolata e un karaoke. Un grande amico è il pilota giuliese Gabriele Tarquini, che a 55 anni ancora corre e vince nella categoria Turismo. Seguendo lui mi sono avvicinato alla F1. Mi fece conoscere Patrese e altri colleghi. Amici sono anche gli altri piloti abruzzesi, Jarno Trulli, Tonio Liuzzi. Ho un bel rapporto pure con Alonso, Fisichella, Barrichello, Kubica. I piloti della nuova generazione sono più distanti, tutto è mediato dagli uffici stampa».
Tra tante trasferte trova il tempo per tornare in Abruzzo?
«Cerco di stare a Pescara il più possibile, ho casa lì. Torno poco a Teramo. La mia città è il luogo della memoria e delle assenze. Quando torno a Teramo soffro. Vedo il corso per due anni in quello stato, leggo delle beghe politiche. La mia città mi sembra in difficoltà, piegata. Questo mi fa male».
Domenica ultimo Gran Premio.
«Potrebbe essere l’ultima telecronaca. La Rai deve trattare il rinnovo dei diritti. Ho fatto 500 telecronache. La Rai c’è sempre stata in F1 e ha fatto crescere l’amore per le corse e la Ferrari. Una F1 senza la Rai è inconcepibile».
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