Guerra: l’inizio e la fine I ricordi di Colapietra di quei giorni all’Aquila 

Lo storico ottuagenario interviene all’incontro dell’Anpi in occasione dei 75 anni dalla liberazione della città

L'AQUILA . «Mi auguro che l’Italia possa tornare prima o poi a essere una grande piazza del popolo dalla quale i nemici dell’umanità siano esclusi per sempre». Con questa frase (che mutua le parole pronunciate da Giuseppe Saragat nel corso di un comizio in cui il futuro Capo dello Stato chiedeva di votare, nel referendum, per la Repubblica) il professor Raffaele Colapietra ha chiuso il suo intervento che è stato il cuore dell’iniziativa che l’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) ha tenuto nella sala Rivera di palazzo Fibbioni all’Aquila in occasione dei 75 anni dalla liberazione della città da parte di truppe alleate e italiane (come fu scritto in un manifesto del giugno 1944).
L'incontro Fino al 2017, con il sindaco Massimo Cialente (presente in prima fila all’incontro), la data è stata sempre ricordata con un minimo di solennità. Da due anni a questa parte sulla ricorrenza è calato il silenzio più totale. L’Associazione nazionale partigiani d'Italia ha voluto “rompere” il velo dell'indifferenza organizzando un momento di riflessione su quella storica vicenda. Sono stati toccati, se pur indirettamente, anche temi di attualità. C’è chi ha fatto notare un’eccessiva presenza di forze dell’ordine ai Quattro Cantoni prima dell'inizio dell'incontro dell’Anpi, quasi si temessero disordini. Il professor Colapietra, 88 anni ma in forma e brillante come sempre, ha chiarito meglio la frase sulla «piazza del popolo» dicendo: «Voglio essere sincero, io non riesco a odiare i tedeschi. La Germania è patria di grandi scrittori e musicisti, da Goethe a Beethoven, si tratta di una civiltà che è stata ed è altro rispetto al nazismo, che è stato il male di quella società, come in Italia il fascismo. Nazismo e fascismo hanno disonorato le due nazioni». Per Colapietra quindi i nemici del popolo da espellere sono proprio quelle ideologie che qua e là provano a rispuntare. Il docente ha parlato per circa 40 minuti (a tratti un po’ travagliati per un microfono che ha fatto le bizze) e ha esordito: «Oggi vi parlo di me negli anni della seconda guerra mondiale». Il professore è del 1931, figlio di un medico dell'ospedale di Collemaggio.
Trattato di Monaco Uno dei suoi primi ricordi è dei primi di ottobre del 1938 quando «in casa si fece festa per il trattato di Monaco, si diceva che il Duce era stato protagonista assoluto di quel trattato salvando la pace in Europa». Meno di un anno dopo invece Hitler avrebbe dato il via a una tragedia che fece decine di milioni di morti.
L’annuncio della guerra Poi arrivò il 10 giugno del ’40, quando la radio intorno alle 18 trasmise il discorso di Mussolini dal balcone di piazza Venezia di cui nell’immaginario collettivo è rimasto quello stentoreo «Vincere e vinceremo». E qui Colapietra ha raccontato che a scuola gli alunni dovevano salutare gli insegnanti con la mano tesa gridando «Vincere» e la risposta, più o meno convinta, doveva essere «Vinceremo».
Città al buio «M’accorsi che qualcosa era mutato anche nella nostra vita quotidiana», ha continuato lo storico, «quando una sera uscendo con i miei dal cinema Rex, da poco inaugurato, trovammo la città al buio. E così fu per tutto il periodo del conflitto». All'inizio del 1943 giunsero i primi segnali che le cose per l’Italia non stavano andando bene: «Già all’epoca leggevo molto e un giorno sul Messaggero trovai pubblicato un rapporto militare sulla campagna in Africa e si diceva della superiorità delle forze alleate. Il fatto che quel passaggio non fosse stato censurato era la spia che la granitica convinzione di vittoria non era più tale».
L’8 settembre Dell’8 settembre 1943 Colapietra ricorda la gioia di un militare che all’annuncio dell’armistizio «si rotolò a terra per la felicità fino allo sfinimento». Dal fratello del padre, un finanziere tornato all'Aquila dopo l’armistizio, il futuro docente universitario apprese che «il Duce – chi l'avrebbe mai detto – trovava il tempo anche per un'amante, Claretta Petacci. Ma la cosa più importante è che venimmo a sapere dell'esistenza di Radio Londra da cui potevamo avere notizie veritiere sull’andamento della guerra. Io in maniera un po’ incosciente – ma allora lo eravamo tutti e la morte era sempre dietro l'angolo – trascrivevo i messaggi di Radio Londra. Per fortuna che quando i tedeschi vennero a perquisire casa nostra non trovarono nulla se no, a quest'ora, non sarei qui con voi a raccontarlo».
Evasione del duce Colapietra si è poi soffermato sull’episodio notissimo del 12 settembre 1943, quando i tedeschi con un blitz all’albergo di Campo Imperatore presero il Duce e lo portarono da Hitler. Qui il professore si è anche un po’ inalberato: «Ci sono storici e giornalisti che hanno costruito le loro fortune sulla cosiddetta “liberazione di Mussolini”. Ma quale liberazione! Quella fu una evasione bella e buona». «E poi», ha continuato parlando della grande tradizione culturale tedesca «ricordo quando un giorno stavo suonando Mozart al pianoforte, arrivò un ufficiale tedesco per i soliti controlli. Io mi bloccai, ma venne mia madre che disse: continua, all’ufficiale tedesco Mozart ricorda un po’ casa sua. Altri militari ci mostravano commossi le foto di moglie e figli. Anche in quei soldati c'era un cuore».
La liberazione della città E si arriva al 13 giugno 1944, la liberazione dell'Aquila. «Non ricordo nulla di quel giorno. Mio padre per sicurezza – gli eventi stavano precipitando e non c'erano certezze – aveva portato me e mia madre all’ospedale di Collemaggio ed ero lì quando la città fu liberata. Conobbi però il grande fermento dei mesi successivi. Nacque il settimanale Risorgere che, non so se ce ne siano ancora copie nella biblioteca provinciale, andrebbe riletto e studiato per capire il clima dell'epoca».
Le nuove sfide L'incontro dell’Anpi è stato moderato da Fulvio Angelini ed è intervenuto Claudio Maderloni della segreteria nazionale Anpi che ha invitato a riflettere sul significato attuale delle moderne sfide per la libertà, la solidarietà e la democrazia, avendo sempre come stella polare la Costituzione Italiana.
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