Ian Anderson

Il flauto magico di Ian Anderson «Suono il rock ma non mi piace»

Il leader storico dei Jethro Tull sarà in concerto a Pescara giovedì 22 giugno: «Ammiro Frank Zappa e Robert Plant ma per divertirmi ascolto Bach e Mozart»

Quarant’anni fa aveva una cascata di riccioli rossi, una palandrana lunga fino ai piedi e suonava il suo flauto stando in equilibrio su una gamba sola. Oggi, a 70 anni (li compirà il 10 agosto) con una bandana da pirata che nasconde i capelli che non ci sono più, Ian Anderson, scozzese di Dunfermline, è ancora uno dei musicisti rock più applauditi del mondo. L’ex leader dei Jethro Tull promette di dimostrarlo anche al pubblico abruzzese quando, il 22 giugno, si esibirà al Teatro D’Annunzio di Pescara accompagnato da una band composta da John O’Hara (tastiere),David Goodier (basso), Florian Opahle (chitarra) e Scott Hammond (batteria). Il concerto è organizzato dall’Ente manifestazioni pescaresi e i biglietti (poltronissima numerata 57,50 euro; poltrona numerata 50 euro; gradinata numerata 30 euro) sono già disponibili nei punti di prevendita di Ticketone e Ciaotickets.
Intanto, a poco più di un mese dal concerto, Anderson si racconta in questa intervista esclusiva al Centro.
Si diverte ancora a fare concerti?
Divertimento non è la parola giusta. E’ come chiedere a Lewis Hamilton se si diverta ancora a girare a 300 all’ora su un circuito di Formula 1. Quando penso a un concerto, la prima cosa che mi viene in mante non è il termine divertimento ma parole come sforzo, sfida, concentrazione. Se mi chiedesse, invece, se, da giovane volessi fare qualcosa di diverso da quello che faccio, be’ allora la risposta sarebbe: no. Spero di continuare a fare quello che faccio ancora per molti anni. Certo, userei la parola divertimento se fossi, chessò?, un chitarrista degli Status Quo. Invece suonare dal vivo la musica che faccio io mi spaventa da morire. E’ la stessa paura che ha un musicista classico di sbagliare anche una singola nota.
Era così anche quando aveva 20 anni?
Per i primi anni è stato così. Ma c’erano anche pezzi che non erano difficili da suonare, che non comportavano una grande pressione e che, quindi, divertenti da fare.
Per esempio?
Dal primo album, Dharma for one, uno strumentale, facile da suonare sul palco; oppure Nothing is easy che ha un piccolo assolo di flauto divertente da fare perché lo conoscevo bene. Ma, per la maggior parte del tempo, stare su un palco è sempre stata una questione di sopravvivenza .
Che tipo di pubblico viene ai suoi concerti?
Dipende dalla nazione e dal luogo, se è all’aperto oppure in un teatro. Se suoni in un posto chiuso sono in media persone vecchie. In America o Brasile, invece, se sono concerti all’aperto, penseresti di avere un pubblico di vecchi hippy, e invece ti ritrovi con gente di vent’anni che celebra non solo la nostra musica ma anche la cultura e lo stile di vita degli anni Sessanta.
Come spiega il fascino perdurante del rock classico degli anni Sessanta e Settanta?
Il paragone migliore è quello con la musica di Bach o Mozart, un tipo di musica che è diventata un classico. Lo stesso è accaduto con il rock and roll. Sono passati ormai 60 anni dalla sua nascita e, quest’anno, celebriamo il mezzo secolo dal Sgt. Pepper dei Beatles. Le generazioni successive alla nostra riconoscono il valore e l’importanza di Elvis Presley e dei Beatles, e siamo tutti sicuri ormai che la loro musica sarà fonte di divertimento per molti anni acnocra proprio alla maniera della musica classica. Sia chiaro che non voglio mettere la mia musica nella stessa categoria di Bach o dei Beatles, ma sono certo che alcuni dei pezzi migliori di quegli anni dureranno per un periodo di tempo di cui, al momento, non riesco a predire la fine. Un riff come questo: dah, dah dah, dah dah da-dah (intona a bocca chiusa l’inizio di Smoke on the water dei Deep Purple ndr) si continuerà a suonare ancora quando di gente come Trump avremo dimenticato tutto.
Com’era la vita di un musicista rock in tournée in quegli anni?
È più facile adesso, senza dubbio. Nell’epoca di Internet e della sofisticazione tecnologica è più facile organizzare i tour e spostarsi da un posto all’altro. L’unica cosa negativa è quella che riguarda le misure di sicurezza per il rischio di attentati. Ma in termini pratici fare tournée è più facile oggi.
C’è qualcosa che apprezza nel panorama attuale della musica rock?
Non sono mai stato un grade fan della musica rock. La prima volta che sono andato in America con i Jethro Tull, nel 1969, la musica rock era dappertutto, nelle radio era un continuo. Oggi ascolto di rado musica rock. L’ultima volta è stata due giorni fa: dovevo fare un’intervista alla radio e, per documentarmi sull’artista di cui dovevo parlare, ho fatto delle ricerche su Google. Ma è un lavoro che non faccio volentieri. Per rilassarmi e divertirmi preferisco ascoltare musica classica.
Come ascolta la musica? Vinile, cd o mp3?
Dopo quest’intervista, più tardi, devo andare al piano di sopra a ritrovare un disco di vinile perché mi hanno chiesto di fare una foto mentre reggo quest’album. Ma so già che le probabilità di trovarlo sono meno del 10 per cento. Non ho mai avuto una collezione molto fornita di dischi. Oggi ho circa 10mila pezzi a imcamerati nel computer sotto forma di mp3. Non ho vinili né cd, e soprattutto non ho musicassette che sono il peggi del peggio.
Qual è il suo disco preferito dei Jethro Tull?
Cambio idea continuamente. A volte è Stand up, perché è il primo disco. A volte, invece, dico Aqualung a causa del successo che ebbe. Altre volte, ancora, Thick as a Brick o Songs from the Wood oppure il disco su cui sto lavorando in quel momento.
Ci sono musicisti rock che ammira più degli altri?
Ce ne sono molti che ammiro per ragioni diverse. Per esempio, Frank Zappa per lasua abilità di strumentista; Robert Plant per le sue capacità vocali; Bruce Dickinson, degli Iron Maiden, per il suo estro da showman. E poi ci sono artisti che rispetto anche se non mi piace in particolare la musica che fanno. Gli ultimi quarant’anni sono stati così pieni di incredibili talenti. Siamo stati davvero fortunati ad averli vissuti.
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