«L’Abruzzo ferito può ritrovare linfa con i suoi talenti»

Il regista di Ari (che più ha raccontato questa terra) parla di rinascita e orgoglio: «Ora stringiamoci»

ARI. «Quando la neve era bianca, era sogno, paesaggio incontaminato. In campagna si restava senza luce per tre, quattro giorni, davanti al focolare a raccontare le storie degli antenati. Non avrei mai potuto fare cinema senza quel focolare, quel senso di attesa e di eterno ritorno». Trent’anni spesi a fare film – oltre 20 titoli tra corti, lungometraggi e documentari presentati anche a festival internazionali, come “Canto 6409” dedicato ai terremotati dell’Aquila, al padiglione Usa di Cannes 2009 – hanno fatto capire a Dino Viani che fotografia e cinema oggi non possono più bastargli per raccontare il paese dove è nato e cresciuto, Ari, piccolo centro agricolo in Val di Foro sospeso tra la montagna e il mare. Un libro di racconti di ragazzo di campagna: “Quando la neve era bianca” (editore abruzzese, «importante», non svelato) racchiude il suo prossimo omaggio all’Abruzzo contadino, la terra dei padri. Un Abruzzo autentico e orgoglioso della sua bellezza agropastorale, pronto a farsi visione struggente, paesaggio spirituale, lirico e malinconico. Viani, dal cinema al racconto una narrazione che, in forma di poesia, guarda all'Abruzzo come luogo del mito, d’eterno ritorno.

Come si infonde coraggio in un momento tanto doloroso per questa terra?

Oggi più che mai il compito dell’arte è porre domande, avere il coraggio di rischiare e dire cose non rassicuranti. Nel mio caso un cinema di poesia, per dirla con Pasolini, che non si limiti all’intrattenimento ma apra a nuovi orizzonti, senza dimenticare la lezione del neorealismo. Quando si perde la memoria si perde identità, la consapevolezza di chi si è, di fronte alla storia e alla cultura di altri popoli. Confrontarsi, contaminarsi delle altre culture non può che nutrirci e rafforzarci, non può essere un pericolo come molti temono.

Due anni fa a ExpoMilano ha rappresentato il territorio su incarico del consorzio dei sindaci dei comuni delle colline teatine, con uno spot particolarmente apprezzato dalla stampa di settore. Come comunicare ora l'Abruzzo che vuole rinascere?

A Milano ho cercato di raccontare il sentimento del luogo e il mio senso di appartenenza al territorio. L’Abruzzo è un mondo magico, a cui devo molto per la mia formazione morale e immaginaria. Ho realizzato il video-spot facendo parlare i volti e le mani della nostra gente, i gesti quotidiani che da migliaia di anni rappresentano l’alfabeto esistenziale di quei luoghi. Lo slogan del filmato recitava “Colline teatine, una terra che ti sorride”. Oggi, dopo gli eventi tragici accaduti, abbiamo davanti un’opportunità unica di mostrare al mondo le potenzialità dell'Abruzzo. La politica da sola non può bastare a risollevare le sorti della regione. Occorre coinvolgere le risorse intellettuali, artistiche e produttive, i talenti del territorio. Affidare a loro la voce dell’Abruzzo ferito che vuole rinascere. Il patrimonio di bellezza e di risorse umane rappresentano il nostro capitale: solo in Abruzzo è possibile giocare a palle di neve e poi tuffarsi in mare nel mese di maggio.

Rivalutazione a tutto tondo, profondamente identitaria eppure proiettata nel futuro. Come conciliare tradizione e modernità in Abruzzo?

Stringendosi gli uni agli altri, guardandosi dentro con consapevolezza, riflettendo sugli errori. La difesa del territorio deve diventare pratica quotidiana. Prevenzione, cura, snellimento del potere burocratico. È il solo modo per evitare il ripetersi di tragedie come quelle appena vissute. Sta a noi adesso raccontare la bellezza inespressa del territorio. Lo slogan “Regione verde d'Europa” deve diventare espressione di orgoglio, senso di appartenenza.

Nella sua lettera all’Abruzzo (testo a fianco, ndc) sintetizza il suo amore per una regione che ha dato tanto alla cultura e alla storia del Paese.

Ho scritto la lettera nel momento del dolore assoluto, assistendo impotente ai tragici eventi. Ho voluto ricordare prima di tutto a me stesso le mie origini, storia, cultura. È in momenti di sbandamento come questi che serve ricordare chi siamo. Mi piacerebbe che la citazione da Tosti “...non senti tu nell'aria un profumo che si spande, primavera...” diventasse un inno alla rinascita .

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