L’Abruzzo luminoso e felice di Celommi 

“I colori della luce”: al Museo Paparella di Pescara fino a gennaio i capolavori del maestro rosetano che incantò l’Italia 

PESCARA. La luce aurea delle albe adriatiche, le marine dorate di rosa, i tramonti abbaglianti e i beati meriggi sul mare, l’intrepida bellezza delle contadine abruzzesi, gli idilli campestri e le campagne assolate sono i temi protagonisti della mostra “Pasquale Celommi. I colori della luce” appena inaugurata a Villa Urania, sede della Fondazione Museo Paparella Treccia, in viale Regina Margherita 1 a Pescara, dove resta allestita fino al 6 gennaio.
In dialogo con la collezione di capolavori della maiolica artistica di Castelli raccolta e donata dal professor Paparella Treccia alla Fondazione a lui e alla moglie Margherita Devlet intitolata, la rassegna di dipinti, in tutto 28, alcuni di grandi dimensioni, rappresenta in modo esaustivo e inedito tutti i temi tipici dell’arte del maestro rosetano «con la consapevolezza della nuova impronta data dall’esperienza culturale abruzzese al mosaico artistico europeo a cavallo tra Otto e Novecento.
Un patrimonio di cui l’Abruzzo, tradizionalmente descritto come terra di transumanza pastorale, deve riappropriarsi», come rimarcato dal critico d’arte Paola Di Felice nel presentare la mostra e contestualmente l’operazione di recupero degli autori abruzzesi.
Di Felice, direttrice emerita dei musei teramani e profonda conoscitrice dell’opera di Celommi, ha raccontato come il criterio allestitivo della bella e ricca mostra pescarese non sia stato di tipo cronologico, si è scelto piuttosto «di tramare le pareti di dipinti che mostrano come l’autore affronti i vari temi e come ne trascolori la luce».
Nato a Montepagano di Roseto nel 1851, stesso anno di Francesco Paolo Michetti con il quale nutrì rapporti di profonda amicizia e stima, Pasquale Celommi raggiunse l’acme del successo e della popolarità tra fine ‘800 e primo ‘900. Fu tra quei rari artisti non solo osannato dalla critica ma molto amato dal pubblico più eterogeneo per aver avuto la grande capacità di ritrarre il vero nella sua accezione più lieta e godibile.
Lo dimostrano in modo esemplare alcuni dipinti esposti: Canto d’amore, Marina, Nellina, Saluto all’aurora, Nel campo di lino, Ragazza con canestro, Il segreto, Idillio sul mare, Idillio campestre, Donna nel canneto, Il bacio. Celommi non seguì, come lo stesso Michetti, i Palizzi, Patini ed altri, l’accademia e la scuola napoletana, ma frequentò l’Accademia di belle arti di Firenze.
Senza per questo discostarsi dallo stile e dai temi degli artisti suoi conterranei. Fonte di ispirazione delle sue opere restano i paesaggi, i costumi e le tradizioni abruzzesi. Fu lo stesso Michetti a definirlo “pittore della luce” riconoscendo le luminose marine celommiane «insuperabili!» racconta Augusto Di Luzio, presidente della Fondazione museo Paparella nella presentazione (catalogo edito da Menabò, Ortona). Nella sua casa-castello sulla collina di Montepagano Celommi osservava il mare e la campagna, dice ancora Paola Di Felice: «Lì capisce che la luce è il suo studio. E fotografa. La fotografia, già praticata da Michetti, dà un’impronta nuova alla pittura. L’artista osserva il rutilante spettacolo delle donne al lavoro nei campi, al mercato o in riva al mare e le trasfigura in dignitose novelle Madonne in cenci, la figura femminile appare piuttosto che sensuale nel ruolo di magna mater che genera la vita, lo sguardo proteso lontano verso il futuro. Colori, odori e forme esaltate dalla luce. Che resta impressa nello sguardo dell'artista, nella sua anima, nella sua memoria, sublimata dalla capacità di vedere felicità anche dove è difficile trovarla». “Pasquale Celommi. I colori della luce” è aperta al pubblico fino al 31 agosto con orario 17.30 23.30, dal 1 settembre orario 9.30 -12.30 / 16-19.30, chiuso il lunedì.
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