L’arte metafisica di Sarra nell’Abbazia

20 Luglio 2018

Si inaugura oggi a Propezzano di Morro d’Oro una personale del pittore pescarese ispirata a un libro di Alberto Savinio 

MORRO D’ORO. Apre oggi alle 19 negli spazi dell'Abbazia di Propezzano di Paolo de Strasser, nella campagna di Morro d'Oro, la mostra “Dico a te,” dell'artista pescarese Sergio Sarra, a cura di Giorgio D'Orazio. La mostra è un dialogo tra i lavori di Sarra e gli antichi spazi, sacri e produttivi, di Santa Maria in Propezzano, rapportati agli spunti "metafisici" - fra storia, arte e paesaggio - espressi negli scritti di Alberto Savinio, autore nel 1940 del libro “Dico a te, Clio”, in cui grande spazio descrittivo è riservato all'Abruzzo. Il senso della mostra, pensata su quella «sensazione metafisica» che accomuna Sarra, Savinio e l'Abbazia di Propezzano, è raccontato dal testo del curatore, D'Orazio, che introduce alla mostra, visitabile fino al 20 agosto.
«Parlare alla musa della storia, Clio, significa coinvolgere nel proprio linguaggio chi della storia non si accorge mentre la sta osservando, mentre la sta vivendo. Un filo di pensiero che sfugge alle dimensioni e percorre uno spazio che sembra atterrato dal passato nella campagna abruzzese, antica sacra abbazia e allo stesso tempo luogo contemporaneo attivo e produttivo. Nella realtà di allora e di oggi è così questa sensazione metafisica che vuole dirci - dire a te, a me - ovvero ripetere, col verso dell'arte, quell'aggettivo "metafisico" che «qualifica la qualità intima, ossia la sostanza lirica, delle cose», perché «le arti si valgono della qualità impalpabile intima e profonda, si valgono della qualità metafisica delle cose».
«Queste parole di Albero Savinio», scrive D’Orazio, «potremmo trovarci ad ascoltarle dalla voce delle opere di Sergio Sarra, ospiti provvisorie di Santa Maria in Propezzano: una quadreria composta da lavori che attraversano diversi momenti della sua ricerca artistica, il tavolo-scultura (Table Sculpture), l'installazione Frontbencher, il binomio Psychedelic Garden. Quattro momenti - o quattro discorsi, quattro dialoghi - per definire un disegno complessivo e ideale capace di interloquire con questo luogo, di evocare le aspettative dell'artista rispetto a questo posto in cui, secolarmente, si fondono architettura e produzione agricola, arte e religione, vita attuale e storie trascorse».
«Se i lavori di Sarra, come scrive Nicolas Bourriaud, “fanno pensare a dei palinsesti, a quei manoscritti che vengono tracciati dall’autore sopra un documento già esistente, senza cancellare lo o gli strati di scrittura precedenti”», scrive D’Orazio, «il compito di Savinio, come lui stesso scrive, «è dare parole, dare forma e colore, e una volta era pure dare suoni, a un proprio mondo poetico». È allora in questo presente, in questo dialogo con la preesistenza e la modernità al contempo - con la suggestione e la memoria del racconto di Savinio in mente - che Sergio Sarra ci dice, riafferma, che l'arte - come scrive Alberto Savinio della sua pittura - «è fiato, fiato romantico, continua la cosa al di là della cosa».
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