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CINEMA

La bellezza della scienza, in un film le ricerche del Cern 

Domani la proiezione all’auditorium del Gran Sasso Science Institute dell’Aquila Il regista Jalongo: «ll vero mistero è la nostra capacità di conoscere l’universo»

“Il senso della bellezza – Arte e scienza al Cern” è il titolo del film che sarà proiettato, domani alle 17, nell’auditorium del Gssi (Gran Sasso Science Institute) in via Michele Iacobucci all’Aquila. L’ingresso alla proiezione è libero.
«Nell’oscurità e nell’invisibile gli scienziati si fanno guidare da un intuito, da un settimo senso, il senso della bellezza», dice il regista del film, Valerio Jalongo, che nella pellicola racconta gli scienziati del Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare il cui laboratorio ha sede a Ginevra in Svizzera, e il loro spirito di esploratori, innamorati dell’avventura e del mistero.

 

Alla poiezione del film sarà abbinato un dibattito al quale parteciperanno: Nel dibattito interverranno: Eugenio Coccia, rettore del Gran Sasso Science Institute, Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, Carlo Dionisi, fisico del’Istituto nazionale di fisica nucleare e dell’università La Sapienza di Roma, Simone Gozzano, filosofo, docente dellu’niversità i dell’Aquila, e Valerio Jalongo, autore e regista del film. Per il secondo appuntamento della rassegna Gssi Agora, il Gran Sasso Science Institute propone la visione del docufilm che ha girato tutto il mondo facendo rivivere al pubblico le sfide della scienza e dei protagonisti del mondo della ricerca.

Eugenio Coccia, rettore del Gran Sasso Institute

“Il senso della bellezza”, distribuito da Officine Ubu, è il racconto, spiegano le note di presentazione del film, «di un esperimento senza precedenti che vede scienziati di tutto il mondo collaborare intorno alla più grande macchina mai costruita dagli esseri umani, ovvero l’acceleratore di particelle Lhc (Large Hadron Collider).
«L’anello Lhc», spiega Valerio Jalongo, «è una macchina diversa da tutte le altre: non fabbrica cose, non fa parte di un ciclo di produzione. Per me è una macchina poetica, perché non è utile. Non serve a nulla, se non a cercare risposte».
«Il film documentario», aggiungono le note introduttive, «crea un parallelo tra arte e scienza: ricercatori del Cern da una parte e artisti contemporanei dall’altra ci guidano nella loro rincorsa della verità, tutti in ascolto di uno sfuggente sesto o settimo senso, quello della bellezza».
La storia del film è questa. «Quattro anni dopo la sensazionale scoperta del “Bosone di Higgs”», spiegano le note di presentazione del documentario, «il Cern è alla vigilia di un nuovo, eccezionale esperimento. L’esperimento è insieme un viaggio nel tempo più lontano e nello spazio più piccolo che possiamo immaginare. Così, l’infinitamente piccolo e la vastità dell’universo schiudono le porte di un territorio invisibile, dove gli scienziati sono guidati da qualcosa che li accomuna agli artisti. Tra scienziati che hanno perso l’immagine della Natura, e artisti che hanno smarrito la tradizionale idea di bellezza, attraverso macchinari che assomigliano a opere d’arte e istallazioni artistiche che assomigliano ad esperimenti, emerge un ritratto di attività scientifiche e artistiche come indagine, come immaginazione, come autentico esercizio di libertà».

Valerio Jalongo, regista

«Mentre il nuovo esperimento del Cern procede nella sua esplorazione della misteriosa energia che anima l’universo», proseguono le note, «scienziati e artisti ci guidano verso quella linea d’ombra in cui scienza e arte, in modi diversi, inseguono verità e bellezza. Tra queste donne e questi uomini alcuni credono in dio, altri credono solo negli esperimenti e nel dubbio. Ma nella loro ricerca della verità, tutti loro sono in ascolto di un elusivo sesto, o settimo, senso, il senso della bellezza».
«Nonostante la complessità in cui ognuno di noi vive immerso, la frammentazione ed estrema specializzazione delle competenze e dei mestieri», conclude il regista Valerio Jalongo, «resta il bisogno di superare la paura che tutto questo ci infonde, e ancora di più, l’aspirazione a comprendere di cosa siamo parte. Come diceva Einstein, il mistero più grande è la nostra capacità di conoscere l’universo, di afferrarne la misteriosa semplicità e bellezza».
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