LA STORIA DEL MEDITERRANEO:  LA MODERNITÀ GLOBALE DI UNA DISCIPLINA SCIENTIFICA

Studiare la storia del Mediterraneo: questo il titolo del nuovo volume ora in libreria, edito da Il Mulino e firmato da Egidio Ivetic, storico dell’Università di Padova, tra i massimi studiosi...

Studiare la storia del Mediterraneo: questo il titolo del nuovo volume ora in libreria, edito da Il Mulino e firmato da Egidio Ivetic, storico dell’Università di Padova, tra i massimi studiosi internazionali della storia del Mediterraneo e dell’Adriatico.
Si tratta di un volume che, condensato in poco più di cento pagine, offre ricchezza di idee e molteplicità di spunti di riflessioni intorno ai contenuti più pregnanti di una vicenda, quella di un mare storico e della sua civiltà, visti appunto come storia e interpretazione storiografica, ma anche come insieme coordinato di questioni complesse, che vanno a toccare un ventaglio di temi di interesse antropologico e culturale, nonché problematiche di natura politica, sociale ed economica, che finiscono per investire i punti più stringenti di uno scenario mondiale sempre più preoccupante.
Tre sono essenzialmente i profili che l’Autore disegna per il Mediterraneo. Il primo riguarda il Mediterraneo cosiddetto “fisico”: un mare, cioè, inteso come un organismo scientifico che esibisce in maniera preponderante la propria morfologia, la propria biologia marina, i propri spazi geologici, il proprio paesaggio antropizzato: insomma, un Mediterraneo “oggettivo”. Accanto a questo modello esiste un livello di non minore importanza, il Mediterraneo “politico”, che, sulla scia di quello “fisico”, provvede a definire la fisionomia delle cosiddette sovrastrutture: stati, nazioni, istituzioni politiche; in altri termini esso fotografa la realtà effettuale del vivere quotidiano. «È il Mediterraneo che vediamo di giorno in giorno», afferma Ivetic, «della politica in atto e della nostra contemporaneità, della cronaca, dei fatti e delle impressioni. È il volto umano del Mediterraneo fisico».
A completare il quadro di un mare plurale interviene poi il Mediterraneo “simbolico”, che si collega alla sua stessa immagine “politico/reale” e che giustamente Ivetic ritiene «un’invenzione della cultura europea, che ha voluto intenderlo in questo modo e che lo pone come fondamento del cosiddetto canone culturale dell’Occidente». Un canone che d’altronde va a raffigurare quel Mediterraneo eurocentrico, opulento, pervasivo, che si espande verso Ovest, nell’Atlantico americano, e che figura come quadrante sintomatico e confine precario al cospetto di un AntiOccidente, che è il resto del mondo: Sud globale e Orienti vari (Balcani, Medio Oriente, Maghreb). Un universo altro, fatto di rabbie diffuse, di povertà dolorose, di arretratezze endemiche, di sofferenze inenarrabili, di emarginazioni insopportabili, di guerre perennemente consumate e non più sostenibili. Si tratta allora di misurare le scansioni temporali di quel Mediterraneo geopolitico che “corrompe” e che rivela la sua natura di osservatorio privilegiato, ma silenzioso ed implacabile, di fenomeni endemici, quali l’emigrazione dalle coste africane e le fughe dalle miserie e dai conflitti irriducibili: la dimostrazione più lampante di esperienze tragicamente vissute, che incrociano drammaticamente i destini dimidiati di una plurisecolare e multiforme vicenda umana.
Da questo punto di vista, il libro ha il merito di rivolgersi anzitutto agli storici, per renderli edotti della necessità di riavvolgere il nastro usurato di un ampio racconto che ricostruisce la vicenda ultramillenaria del Mediterraneo. Essa – come sostiene l’Autore – ha bisogno del riconoscimento delle istituzioni come materia scientifica dal valore eminentemente culturale, dotata di una propria dignità e di un profilo autonomo e precisato, capace di dare rinnovata linfa agli studi generali e settoriali dedicati al mare nostrum e di imprimere un tratto originale a questa giovane disciplina accademica, che favorisca la migliore comprensione delle fitte trame di un bacino, sia marino che terrestre, modellato da vite collettive straordinarie e connotato da “interconnessioni” materiali e spirituali formidabili. Per Ivetic la storia e la storiografia del Mediterraneo possono, sì, continuare a preservare, attraverso il proprio ruolo di formazione e conoscenza, la memoria del glorioso passato di un mare che è stato, ed è, un capiente contenitore geo-storico, ma possono anche sfruttare, mediante l’esercizio di una preminente funzione di orientamento politico-culturale, la grande occasione di assumere la visione prospettica della modernità. Occorre insomma, secondo Ivetic, che la storia del Mediterraneo torni, oggi più che mai, a farsi interprete coerente del moderno.
E tra un EuroMediterraneo (l’espressione è dello storico Giuseppe Galasso) che continua a guardare all’Europa del presente e del futuro come ad un tradizionale “valore di riferimento”, e la congiuntura in bilico di un Mediterraneo in perenne evoluzione, mentre stati come la Turchia, l’Egitto, l’Algeria, il Marocco e i paesi del Golfo pretendono di contornarsi di modernità alternative, la storia del Mediterraneo può allora sicuramente servire, a partire dal nostro Paese, come potente elemento di coesione sociale.
* Docente di Storia moderna Università “d’Annunzio”