Elso Simone Serpentini, Roberto Carlini e Loris Di Giovanni con il manoscritto

LA STORIA

Manoscritto di catechismo massonico scoperto a Teramo: è fra i dieci rinvenuti in Europa 

Il raro plico ottocentesco non a stampa era nell’Archivio di Stato e rivela i legami tra logge e carboneria in Abruzzo

TERAMO. È un raro esempio di catechismo massonico manoscritto. Lo ha scoperto tra i documenti dell’Archivio di Stato di Teramo, durante una ricerca sulla carboneria, Roberto Carlini che l’ha studiato e decodificato con l’aiuto degli esperti di massoneria abruzzese Elso Simone Serpentini e Loris Di Giovanni.
Dal loro lavoro è nato un libro, “Il manoscritto di Pianella: un catechismo massonico abruzzese dei primi dell’Ottocento”, pubblicato dal Centro studi sulla Storia della Massoneria abruzzese in collaborazione con Artemia Nova Editrice. Il testo è stato presentato, insieme al prezioso documento,  nella sede della Pro loco della cittadina pescarese e giovedì prossimo, 3 ottobre, alle 17 nell’Archivio di Stato teramano.
Qui il manoscritto è stato ritrovato, dopo quasi un secolo, perché Pianella all’epoca faceva parte della provincia di Teramo. Il documento, infatti, è stato rinvenuto tra le pagine di un processo a carico di Vincenzo Cipriani, cittadino pianellese al quale fu sequestrato nell’ottobre del 1824 e che fu condannato per esserne stato in possesso. La sua caratteristica più straordinaria è proprio il fatto che sia scritto a mano. «Catechismi massonici a stampa sono alquanto comuni», spiega Serpentini, «ma quelli manoscritti sono molto rari, se ne contano dieci o undici in tutta Europa».

Il testo ritrovato nel fondo dell’Archivio di Stato teramano, dunque, è affiancabile ad esempio al “Manoscritto di Edimburgo” del 1696 o al “Manoscritto di Essex” del 1750. «Ho compreso subito l’importanza del documento», sottolinea Cipriani, «ma bisognava tradurlo e per questo mi sono rivolto a Serpentini e Di Giovanni». Dagli approfondimenti sul testo, tradotto dal francese, sono emerse conferme e informazioni sulla massoneria e sui suoi intrecci con la carboneria in Abruzzo. Tra queste c’è un alfabeto massonico, che sostituisce simboli alle lettere per messaggi cifrati, e un discorso pronunciato nel giorno della festa di San Giovanni Battisti da un “fratello oratore” della loggia di Chieti. Si tratta di Carlo Crocefisso Ungaro, duca di Montejasi, che successe a Pierre-Joseph Briot nell’incarico di Intendente di Abruzzo Citra (Chieti) dal 1807 al 1815. «Finora la sua appartenenza alla massoneria non era conosciuta né documentalmente certificata», spiega Serpentini, «al contrario dell’appartenenza alla carboneria e alla massoneria del suo predecessore».

Altro elemento di grande interesse secondo i tre ricercatori è la presenza, nel volumetto di 49 pagine che contiene il catechismo, di tre poesie di ispirazione massonica dell’abate calabrese Antonio Jerocades (1738-1803). Una di queste, intitolata “Il duolo e lo sdegno”, è ispirata all’uccisione di Hiram Abif, che nella convenzione massonica è indicato come l'architetto capo della costruzione del tempio di Salomone, edificato attorno al 988 a.C., trucidato per non aver voluto svelare i segreti della propria arte. Jerocades fu a fine ‘700 un massone molto attivo nel Napoletano, dove importò la tradizione libero muratoria della Mere lodge di Marsiglia ed ebbe contatti anche con massoni abruzzesi tra cui l’atriano Trojano Odazj (1741-1799).
Ulteriori spunti d’interesse nel testo sono rappresentati da due “tavole di loggia” sui Misteri Eleusini e la Religione degli Egizj e il Cristianesimo, ricordi e istruzioni per i fratelli visitatori della loggia, l’istruzione al grado di “compagnone”, le qualità generali dei “liberi muratori”, nonché i “precetti di Noè”. Allegati al manoscritto scoperti anche un diploma carbonaro della Vendita “La Perseveranza” di Pianella.

«Di questa finora si conosceva l’esistenza, ma non il nome», sottolinea Di Giovanni che rivela un altro particolare di grande valenza: «Sul foglio sono ancora ben visibili le tracce di ossidazione lasciate da una piccola accetta di metallo carbonara che serviva ad aprire e chiudere i lavori». Il diploma attesta l’appartenenza di Cipriani alla carboneria fin al 1813 e dal 3 settembre 1820 con le funzioni di “maestro esperto”.

Di interesse è anche il timbro che accompagna il documento. «Raffigura una donna che simboleggia l’Italia», osserva Di Giovanni, «che ha in mano un’accetta e la bandiera tricolore orizzontale della carboneria». In un ulteriore foglio che fa parte del prezioso plico sono annotati segni e simboli di riconoscimento della setta dei Candelari che si opponevano ai carbonari.
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