«Non ha mai smesso di lottare e di amare l’Abruzzo»

PESCARA. Matteo Angioli, come nasce questo libro?

«E’ stata una proposta di Mondadori. Anche Clemente Mimun da un po’ gli chiedeva di scrivere. Così Marco ha accettato».

Pannella non ha scritto molto nella sua vita.

«Lui ha soprattutto parlato. Il suo riferimento era Radio radicale e l’archivio della radio. Ricordo che nelle ultime settimane diceva: che bello essere memoria. Sapeva che poteva contare sul fatto di aver lasciato migliaia di ore registrate».

La parola era la sua grande arma.

«Anche perché aveva questa capacità di approfondire. Si dava anima e corpo ai temi. Quelli che a volte venivano indicati come voli pindarici erano il suo tentativo di approfondire. Non si fermava mai alla superficie delle cose. Voleva andare alla radice».

Che cosa ci lascia Pannella in queste pagine?

«Il libro non può certo riassumere la sua vita. È un resoconto piuttosto intimo dei suoi ultimi tre mesi di vita, con flash back sul passato, sulle battaglie più salienti. Nel libro emerge sempre la prevalenza del diritto, del rispetto del diritto. Come diceva, “la vita del diritto per il diritto alla vita”. Ma c’è anche un Marco diverso. Emerge la sua fragilità, la spossatezza, ma abbinata sempre alla tenacia e alla voglia di non mollare, di fare. Lo venivano a trovare e invitava tutti a iscriversi al Partito Radicale non violento transnazionale. E’ insomma un messaggio di speranza per chiunque, anche rispetto a come si può concludere la vita. Come una festa».

Negli ultimi giorni della sua vita gli furono consegnate le chiavi della città di Teramo.

«Quando il sindaco Brucchi gli consegnò le chiavi, era ormai maggio. Marco era in lacrime, super emozionato, toccatissimo. È stato l’unico oggetto che ha voluto portare in clinica. L'Abruzzo l’ha sempre avuto nel cuore». (a.d.f.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA