Quei 218 internati nel lager di Casoli 

Oggi la cerimonia con l’ambasciatore sloveno per ricordare gli ebrei e gli slavi rinchiusi nel campo fascista

CASOLI. Furono 218 gli internati dal fascismo nel campo di concentramento di Casoli funzionante dal 1940 al 1944: di questi 108 erano ebrei, in buona parte originari dell’Europa centro-orientale naturalizzati italiani per sfuggire al nazismo, gli altri 110 erano “ex-jugoslavi” (sloveni e croati in gran parte) internati perché considerati antifascisti nella Venezia Giulia ancora per poco italiana. Stamattina alle 9 una targa con tutti i loro nomi sarà scoperta nella piazzetta ribattezzata “Piazza della memoria” interposta tra l’antico Palazzo Tilli (recentemente restaurato dalla nuova proprietaria Antonella Allegrino) e l’ex-municipio, nei cui scantinati dapprima gli ebrei (dal 9 maggio 1942) e poi gli slavi (dal 5 maggio 1942 al 2 febbraio 1944) vivevano ammucchiati nell’umidità e nel freddo.
E’ una storia, questa, recentemente e casualmente riscoperta dallo scrittore triestino Livio Isaak Sirovich (di padre dalmata e madre ebrea lituana) che ha seguito e raccontato in un libro («Non era una donna, era un bandito») le vicende di una ragazza ebrea triestina di origine cecoslovacca, Rita Rosani, che scrive lettere d’amore e di rabbia al fidanzato Giacomo Nagler (di origine polacca), internato a Casoli. Non si vedranno mai più.
Nagler fu deportato ad Aushwitz, Rita venne uccisa dai fascisti repubblichini sui monti veneti Valpolicella perché partigiana. Ma l’intero archivio del campo di concentramento casolano è da qualche tempo disponibile online grazie ad un progetto realizzato dal giovane studioso Giuseppe Lorentini dell’università tedesca di Bielefeld, animato da uno spirito di ricerca e di diffusione della storia patria che sta mettendo Casoli e il suo ex-campo concentrazionario al centro di interessi culturali e politici dato che il suo archivio degli internati è pressocché unico in Italia.
Stamattina lo scoprimento della lapide sarà affidato all’ambasciatore sloveno in Italia, Bogdan Benko, che pochi giorni fa ha letto dell’esistenza del campo di Casoli e dell’internamento di antifascisti slavi su un quotidiano sloveno che ne ha parlato diffusamente. A Sirovich il sindaco Massimo Tiberini consegnerà la cittadinanza onoraria, mentre nel pomeriggio si svolgerà un convegno con i maggiori studiosi nazionali dell’argomento: Vito Gironda dell’Università di Bielefeld (che ieri mattina ha incontrato con Lorentini gli studenti dell'Algeri Marino), Alberto De Bernardi dell'Università di Bologna, Paolo Pezzina di Pisa, Carlo Spartaco Caèpogreco dell'IUniversità della Calabria, Annalisa Cegna di Macerata. Concluderà la neo-presidente nazionale Anpi, Carla Nespolo. Il dovere della memoria è un imperativo categorico, si va ripetendo in questi ultimi anni, ma Gironda ha spiegato ieri mattina che la «memoria è selettiva e conflittuale. E' la storia, con la sua distanza dagli avvenimenti anche più tragici, che deve gettare luce sul passato scavando, raccontando e demitizzando le narrazioni più comode ai distratti della società odierna.
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