San Domenico a Cocullo storia di un santuario 

Un libro di Nino Chiocchio ricostruisce le vicende della costruzione dell’edificio danneggiato dal terremoto e la nascita della festa dei serpari

COCULLO. Chiesa di San Domenico, protettore di Cocullo, chiusa da nove anni. I danni ad essa arrecati dal terremoto dell'Aquila, infatti, l'hanno resa inagibile. I lavori di ricostruzione, sebbene i fondi già ci siano, per le lungaggini burocratiche, non sono ancora neppure iniziati. Tanto ritardo, nel riportare il santuario di San Domenico Abate al suo antico splendore, è incomprensibile e inaccettabile, considerando che esso è meta di pellegrini provenienti da tutto il mondo. A ricordarcelo è un pregevole volume di Nino Chiocchio, noto studioso di Cocullo: “Storia delle chiese di San Domenico - Il Santuario della Valle”, edito dalla Tipografia Multiprint di Roma, che, oggi alle 17, verrà presentato nell'aula consiliare del Comune.
Chiocchio, avvalendosi di una vastissima documentazione, ricostruisce la storia sia della chiesa sia del culto di San Domenico, la cui festa da sempre celebrata il primo giovedì di maggio, dal 2012 è stata spostata al primo maggio. La maggior parte dei documenti, che l'autore ha anche pubblicato, trascrivendo quelli più importanti e poco intellegibili, provengono dall'Archivio comunale. La chiesa di San Domenico sorse nella seconda metà dell'Ottocento. Il Consiglio comunale, nella seduta del 23 dicembre 1863 deliberò di chiedere al ministro di Grazia, giustizia e culto l'autorizzazione a demolire, perché «umida e cadente», l'antichissima «chiesuola» - ricostruita i primi del Seicento e intitolata prima a Sant'Egidio e successivamente a San Domenico - e costruire al suo posto una nuova chiesa.
Per timore che la richiesta non venisse accolta, il Consiglio ricordava al ministro che, nel distretto di Avezzano, il Comune di Cocullo, che contava allora 1.700 abitanti, era stato «l'unico e solo ad adempiere al plebiscito» del 21 ottobre 1860, nel quale si votò per l'annessione dell'Abruzzo al Piemonte. Due anni dopo, il 15 dicembre 1865, il governo concesse l'autorizzazione. L'opera fu iniziata con i fondi raccolti da sottoscrizioni, con gli avanzi di cassa delle 4 Confraternite (Sacramento, Madonna delle Grazie, San Domenico e il Pio Monte de' Morti) e col concorso entusiastico della popolazione che fornì gratuitamente materiali e manodopera. A seguire i lavori, iniziati nel 1867, fu una Commissione, appositamente costituita. Nell'arco di tre anni furono realizzate le strutture murarie. Finiti i soldi, fu promossa un'altra raccolta di fondi, non solo in paese. Le autorità civili e religiose invocarono aiuti economici a destra e a manca: al Papa, al Governo, al Principe Torlonia e addirittura al Re. Racimolati i fondi sufficienti, nel 1897, fu nominata una seconda commissione e i lavori potettero riprendere. Prima furono portati avanti dalla ditta di Francesco Piccirilli di Pescina e poi da quella di Ferdinando Passacantando di Chieti, che ricostruì la cupola, crollata nel 1902, e realizzò anche il campanile. L'incarico di affrescare la cupola venne affidato dalla commissione, su indicazione di don Loreto Marchione, un parroco molto amato dai cocullesi, a due rinomati artisti aquilani: i fratelli Giovanni e Bernardino Feneziani. Il sacerdote fu anche amico di D'Annunzio e Michetti, che coinvolse nella promozione del culto di San Domenico.
La prima notizia del culto di San Domenico a Cocullo risale alla seconda metà del '500. Nel corso del '600 il culto del santo prevalse su quello della Madonna, che ricorreva il primo giovedì di maggio. Nel '700 l'arciprete don Crescenzo Arcieri si rese conto che la chiesa di San Domenico poteva divenire famosa se avesse «piegato il cerimoniale semi-idolatrico di una solennità esterna, che si svolgeva in una vicina osteria, alle esigenze del cristianesimo». Si trattava di un rituale che si rifaceva al culto della dea Angizia, protettrice dai morsi dei serpenti. Convincendo i partecipanti a «deporre in chiesa le serpi catturate, senza che offendano alcuno», si veniva a cristianizzare un rito pagano, infondendogli uno spirito nuovo. La "solennizzazione" da parte del Comune della festa di San Domenico avvenne il 24 aprile 1818. Da allora la statua di San Domenico, venerato quale protettore dai morsi delle vipere e dei cani idrofobi, ogni anno a maggio viene portata in processione con le serpi vive attorcigliate, catturate dagli abitanti di Cocullo. Una festa seguita da migliaia di fedeli e di pellegrini.
©RIPRODUZIONE RISERVATA