Venditti, 40 anni Sotto il segno dei pesci 

Il cantautore romano celebra il suo album più famoso in un concerto all’Arena di Verona con ospiti De Gregori e Meta

VERONA. Un racconto tra passato, presente e futuro. Un viaggio che inizia 40 anni fa, con la pubblicazione dell'album “Sotto il segno dei pesci”, e arriva dritto dritto all'Arena di Verona, dove, domenica sera, Antonello Venditti ha festeggiato, cantandolo integralmente come mai aveva fatto, l'anniversario di un album che è stato tappa fondamentale della sua carriera, «quella che ha segnato la mia svolta musicale; è il mio disco più importante, quello in cui c'erano tutti i temi che avrei poi continuato ad affrontare: la politica, l'amore, la droga», spiega il cantautore romano, che nell'antico anfiteatro è stato cantante, ma anche filosofo e santone, con lunghe considerazioni e presentazioni dei brani in scaletta che hanno fatto sì che la festa diventasse una lunga maratona di musica e (troppe) parole (33 i brani previsti in scaletta, 5 dei quali - tra cui anche il gran finale con Grazie Roma - tagliati in corso d'opera per tentare di rimettere in riga uno show durato oltre 3 ore e mezzo).
«Ho sognato molto questa serata, ed è più bello di quanto potessi immaginare», dice Venditti salutando il pubblico, non immaginando che quello di domenica sarebbe poi diventato un concerto «drammaticamente imperfetto», come lo definisce lui stesso, tra problemi tecnici, collegamenti tv (con Che Tempo Che Fa e Totti in studio) difficili da gestire, cambi improvvisi nella scaletta. C'è la sua storia, però, da celebrare. E la «sfiga» non deve avere la meglio. A dargli man forte arrivano a sorpresa sul palco a duettare con lui anche Francesco De Gregori ed Ermal Meta. «La pace con De Gregori? In realtà, non è mai successo niente. Sono gli altri che avevano bisogno di contrapporci, come Bartali e Coppi, come i Beatles e i Rolling Stones».
Uscito l'8 marzo del 1978, in un momento storico di forti tensioni, ma anche di voglia di cambiamento, Sotto il Segno dei Pesci «è un disco che è ancora attuale e che aveva in sé anche doti di profezia. Bomba o non bomba, ad esempio, oltre ad anticipare la stagione del terrore e delle bombe, è anche la fotografia di Matteo Renzi», spiega Venditti, citando il verso: «A Firenze dormimmo e un intellettuale, la faccia giusta e tutto quanto il resto, ci disse “No, compagni, amici, io disapprovo il passo, manca l'analisi e poi non c'ho l'elmetto”». Ma in quell'album c'erano anche Sara, che avrà un bambino anche non sposata, icona delle tante donne, e dei loro diritti, cantate da Venditti, «dietro ognuna delle quali, ci sono io». Come Lilly, frutto di una storia che era un dramma e diventò simbolo di «una generazione distrutta dall'eroina. Quando il brano arrivò primo in classifica pensai di aver sbagliato a scriverla, per questo è poco presente nei miei concerti». C'è spazio anche per la politica che oggi sembra guardare in maniera più disincantata: «Mi hanno sempre detto che sono un comunista. Per me il comunismo è portare le persone che stanno peggio a stare meglio. Per me non si chiama comunismo, si chiama logica. Io invece vedo solo “eserciti” che si contrappongono».
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