«È una piaga, ma le leggi vanno riviste» 

Le associazioni chiedono tutele per gli imprenditori. L’assessore Fidanza (Celano): non generalizzare

AVEZZANO. Stroncare la piaga del lavoro nero nel Fucino è possibile? Cosa si può fare per impedire che dei poveri diavoli vengano fatti lavorare nei campi dall’alba al tramonto per 30 euro al giorno? I controlli che periodicamente vengono eseguiti dall’Ispettorato del lavoro, in collaborazione con le forze dell’ordine, e le sanzioni inflitte a chi non rispetta le leggi, fungono da deterrente, ma non bastano.
Per debellare una volta per tutte il fenomeno dello sfruttamento in agricoltura serve ben altro. Come suggeriscono i responsabili delle tre associazioni di categoria e anche alcuni esponenti delle istituzioni. «Da questa vergognosa situazione», interviene Carmine Contestabile, vice presidente provinciale della Cia (Confederazione italiana agricoltori) e anche imprenditore agricolo, «non se ne esce finché non si dà la possibilità a chi ne ha bisogno di impiegare della manodopera per poco tempo. L’attuale normativa non ti facilita per niente. Se ti serve per uno, due giorni un lavoratore, per la vendemmia o la raccolta delle patate o delle olive, non hai scelta: o ricorri ai nuovi vaucher che ti fanno impazzire o lo assumi. Tanti preferiscono rischiare e magari quel giorno ti arriva l’ispezione».
Un modo per evitare di far lavorare la gente in nero, secondo Contestabile c’è: «La creazione di una cooperativa di braccianti agricoli. E le imprese cui serve per qualche giorno della manodopera possono attingere a un elenco di persone disponibili. In questo modo l’imprenditore paga regolarmente ogni quattro mesi i contributi e non rischia, in caso di controlli, alcuna sanzione».
«Perché una tale cooperativa possa nascere», aggiunge i dirigente della Cia, «occorre che se ne facciano carico le confederazioni sindacali d’intesa col governo».
Lo sfruttamento, secondo Contestabile, può avvenire anche nei confronti di lavoratori regolarmente assunti. «Il contratto di lavoro», spiega, «prevede 40 ore più, 16 di straordinario per cinque giorni a settimana. Purtroppo in qualche azienda i dipendenti lavorano 12 e anche 13 ore al giorno per l’intera settimana. E a essere sfruttati non sono solo lavoratori stranieri. So di due italiani licenziati per avere chiesto il pagamento dello straordinario».
Molto critico sui nuovi vaucher è il direttore della Confagricoltura, Stefano Fabrizi. «La normativa è così complicata», spiega, «che diventa più facile assumere. Ma l’assunzione anche per un giorno comporta spese insostenibili. Così tanti preferiscono correre il rischio. Ma non ne vale la pena». E porta l’esempio di un’azienda che aderisce alla Confagricoltura. «Nell’ultima operazione», racconta Fabrizi, «sono state controllate 5 aziende, per complessivi 99 dipendenti. Una di esse ne ha 50. Di questi uno è risultato lavorare in nero. Il risultato è stato che l’azienda, oltre alla sanzione, ha dovuto sospendere l’attività. Con un danno enorme. Ne valeva la pena?».
Per il responsabile della Coldiretti, Dino Meschieri, se si vuole debellare la piaga del lavoro nero, oltre all’opera di sensibilizzazione degli imprenditori agricoli da parte delle associazioni di categoria, occorre una maggiore collaborazione da parte delle istituzioni, in particolare dei Comuni. «Serve che i Comuni», suggerisce Meschieri, «attraverso la polizia locale facciano una ricognizione degli extracomunitari e individuino anche quelli tra loro che reclutano la manodopera, i cosiddetti caporali. Non mi risulta che qualcuno finora l’abbia fatto».
Il sindaco di Trasacco, Mario Quaglieri, è lapidario: «Servono controlli a tappeto e sanzioni molto severe alle aziende. Cosi prima di provarci ci pensano».
Domenico Fidanza, assessore all’Agricoltura del Comune di Celano, è anche imprenditore agricolo. «La mia azienda», afferma, «è stata più volte controllata ed è risultata sempre in regola. Purtroppo capita che si generalizzi. Far di tutte le erbe un fascio non va bene».
Secondo l’assessore all’Agricoltura di Avezzano, Kathia Alfonsi, e il sindaco di Luco, Marivera De Rosa, per effettuare più controlli «occorre potenziare l’organico dell’Ispettorato del lavoro».
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