A Palazzo Pascali spuntano monete e ceramiche antiche

Scavi archeologici nel campo dell’antico vasaio di via Roma Scoperta l’officina dell’artigiano Setta, trovata argilla fresca

L’AQUILA. Una moneta di bronzo coeva al periodo di fondazione della città, il frammento di una pipa in ceramica e resti di lapislazzuli in un vasetto. Sono solo alcuni dei tantissimi reperti rinvenuti durante gli scavi archeologici in quello che nel 2009 era il giardino di Palazzo Pascali di via Roma e che nell’800 doveva essere la bottega di un noto vasaio. Un tesoro nascosto per anni dalla terra e venuto alla luce a margine dell’intervento di riparazione del danno sismico del palazzo, condotto sotto la guida dell’architetto Gianfranco D’Alò (Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio). L’importo iniziale del lavoro era di 1.100.000 euro, a cui sono stati aggiunti ulteriori 80mila euro per lo scavo archeologico. «Subito ci siamo resi conto che il cortile poteva riservare sorprese: era evidente la parte superiore della vera di un pozzo che ci ha guidato verso un approfondimento del sito», spiega D’Alò. «Abbiamo chiesto a Usra e Comune la possibilità di un secondo finanziamento per lo scavo archeologico».

IL VASAIO. Le indagini hanno portato alla scoperta della bottega di un vasaio risalente all’Ottocento. «Si tratta di una nostra vecchia conoscenza», ha spiegato l’archeologa che ha curato lo scavo, Luigina Meloni (studio associato Saxa). «Lo stesso che aveva una bottega nel convento di Santa Chiara. Era di origine castellane. Nel convento è stata rinvenuta la sua officina, attiva dal 1873 al 1877. Successivamente il vasaio, Francesco Setta, ha continuato a lavorare all’Aquila, come riportano alcune delibere comunali. Questa sicuramente era la sua seconda officina».

MANUFATTI. Moltissimi i resti della produzione ceramica. «Abbiamo rinvenuto sia strumenti da lavoro quali caselle, chiodini, distanziatori, forme in gesso, sia manufatti nei vari stadi di lavorazione», continua l’archeologa. «C’è argilla fresca, ancora modellabile, in una vasca. Ci sono poi i materiali allo stato di biscotto, che hanno subìto una prima cottura, materiali appena smaltati, prima di entrare in forno e materiali finiti, smaltati o invetriati».

IL MARCHIO. «È stato possibile mettere in luce anche il cambio del marchio di fabbrica del vasaio: a Santa Chiara “Sca” e qui “Fs”, le iniziali del suo nome», spiega Meloni. «In questo luogo Setta dà vita a una smaltatura in verde finora attribuita alla zona della Val d’Arno. Sono di produzioni estremamente diffuse, una ceramica comune». Sicuramente non è povera la ceramica rinvenuta in una piccola cisterna sigillata nel 1500. «Era piena di cenere, mista a frammenti ceramici, collocabili nella prima metà del 1500», racconta l’archeologa. «Quando fu realizzato il cortile, una delle cisterne venne abbandonata e riempita di materiali».

MONETA. Trovata una moneta coeva alla fondazione della città (1254). «La dimostrazione che questo è uno dei siti frequentati per primi», ha spiegato D’Alò. La moneta raffigura una croce. Al periodo medievale appartengono frammenti di maiolica arcaica a tacche verdi e un frammento di colonnina tortile».

LAPISLAZZULO. «Abbiamo portato alla luce un frammento di lapislazzulo», ha confermato Meloni, «all’interno di un vasetto che probabilmente era utilizzato per ottenere lo smalto berrettino, presente anche a Santa Chiara. Interessante un frammento di pipa del 1800».

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