Andreina, la protesta marcia sulle Hogan

Pellegrini, l’anti-Cialente guida i consorzi per la ricostruzione e capeggia la rivolta contro le bollette

L’AQUILA. La pensionata che prende a fine mese 502 euro e che con un dado ci fa la minestrina per due giorni; la mamma disoccupata che deve mandare i figli a scuola e non sempre ha i contanti in tasca. Un terzo del grande tavolo di legno massiccio portato da Andreina Pellegrini nel suo alloggio del Progetto Case di Sant’Elia direttamente dalla casa di famiglia – Palazzo Cresi a San Pietro a Coppito, uno dei Quarti della città storica – è occupato da fogli pieni di elenchi di persone (e i relativi numeri di telefono), abitanti delle new town che hanno storie come queste. È il “popolo delle bollette”, i ribelli del metodo di pagamento dei consumi domestici adottato dal Comune: al metro quadro invece che a consumo, come avviene in tutt’Italia. Sono pensionati per lo più, che vedono un difensore senza interessi o tornaconti in Andreina Pellegrini, figlia di benestanti “senza rimorsi né sensi di colpa”, come racconta la pasionaria della lotta contro “i metodi ingiusti” dell’amministrazione comunale nella gestione del post-sisma.

«Il mio avo ha combattuto con Mazzini, e poteva comprarsi le armi per lottare per l’Unità d’Italia proprio grazie al fatto che era un possidente», spiega. D’altra parte, quando appartieni a una famiglia storica e da generazioni benestante, e per di più sei una donna che può – come si suol dire – “campare di rendita”, è frequente doverti scontrare con il pregiudizio di chi vede nella ricchezza una colpa.

Andreina Pellegrini, bella donna di 50 anni che non si è fermata nemmeno di fronte a una grave malattia, è diventata il punto di riferimento di tanti cittadini alle prese con grandi e piccoli problemi del post-sisma che anche lei conosce. «Mi occupo della ricostruzione dei consorzi di Palazzo Cresi e Palazzo Pellegrini, a Stiffe, che doveva essere pronto lo scorso 26 maggio e invece è ancora fermo. Per Palazzo Cresi ho impugnato gli atti del Comune andando al Tar. Volevo staccarmi dalla parte pubblica dell’aggregato in base ad alcune ordinanze che me lo consentivano, ma il Comune non ha voluto. Così, ho proceduto davanti ai giudici amministrativi e l’ho spuntata». «Io manifesto», racconta, «però se mi arriva una bolletta sono nelle condizioni di pagarla. Protesto per principio, contro le cose che reputo ingiuste. Ho conosciuto tante persone che, invece, non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Come quella signora che mi ha detto di accendere di rado il riscaldamento per risparmiare e non capisce la necessità di tale metodo di bollettazione. Intollerabile», per la Pellegrini, «che l’amministrazione faccia pagare il prezzo della sua pessima gestione post-sisma a persone semplici, che non hanno la possibilità di difendersi e pagarsi un avvocato».

Lei e il sindaco Massimo Cialente sono un po’ come il cane e il gatto. «Il sindaco? Non è un mio antagonista, ma è ai miei antipodi. Io ho rispetto per lui. Lui, invece, non è altrettanto rispettoso verso di me», dice riferendosi a una battuta che il primo cittadino si è fatto scappare su Facebook. «Disse che i miei avi diventarono ricchi sfruttando la gente. E invece la mia famiglia ha sempre avuto rispetto per le persone».

Qualche suo amico ha definito Andreina “un Masaniello in gonnella”. Ad altri, vedendola animare la battaglia degli aquilani per il rispetto dei loro diritti, col megafono in mano e la camicetta dall’ampio décolleté, come nell’ultima protesta dello scorso 18 giugno davanti alla sede del consiglio comunale a Villa Gioia, viene in mente la libertà che guida il popolo contro la politica reazionaria di Francia nel dipinto di Delacroix del 1830. Al paragone, la Pellegrini si stringe nelle spalle e sorride. Come animatrice del comitato “Domiciliati Case”, è suo malgrado diventata la paladina degli aquilani ribelli delle “bollettone”. E va avanti. «Quella che si sta portando avanti all’Aquila è un’ingiustizia. Tutti gli utenti d’Italia pagano le bollette per consumi. Per questo chiederemo l’incostituzionalità della legge e se necessario ci rivolgeremo alla Corte di giustizia europea». Un primo atto «per difenderci da una generale gestione sbagliata del post- sisma».

Marianna Gianforte

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