allevatori in crisi

Animali selvatici, l’Ue taglia il rimborso danni

L’AQUILA. Tempi duri per agricoltori e allevatori, che oltre alla crisi e alle bizzarrie del clima sono costretti a confrontarsi anche con i danni arrecati dagli animali selvatici. L’Unione europea,...

L’AQUILA. Tempi duri per agricoltori e allevatori, che oltre alla crisi e alle bizzarrie del clima sono costretti a confrontarsi anche con i danni arrecati dagli animali selvatici. L’Unione europea, infatti, ha detto stop ai vecchi rimborsi, quelli che una volta venivano pagati a chi subiva danni dallo scorrazzare indisturbato dei cinghiali. Ora l’Ue considera quei rimborsi alla stregua di aiuti di Stato, e come tali ha deciso di assoggettarli alla soglia del cosiddetto “de minimis”. Tradotto in soldoni significa che ogni azienda non potrà ricevere più di quindicimila euro nell’arco di un triennio. Nel territorio aquilano la situazione è drammatica. I danni somigliano a un bollettino di guerra e le famiglie che traggono sostentamento dall’attività agricola sono in ginocchio. I cinghiali distruggono tutto ciò che incontrano sulla loro strada, e assieme alle coltivazioni, fanno tabula rasa anche dei bilanci delle aziende. All’interno del perimetro del Parco nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga si tenta di arginare il fenomeno con l’installazione di reti elettrificate a protezione delle colture, ma ormai i cinghiali hanno capito la lezione e preferiscono rivolgersi altrove. Non è raro “incontrarli” nei centri abitati, com’è accaduto alcune settimane fa agli abitanti del Progetto Case di Assergi. Il contributo dell’Unione europea scontenta gli addetti del settore perché non tiene conto dell’entità reale del danno arrecato, così come non tiene conto dell’estensione delle aziende, né del tipo di coltura danneggiata. Paradossalmente, il contributo sarà uguale per chi coltiva un ettaro di mais, o chi ha impiantato una tartufaia di cinque ettari. Ci sono aziende, come sottolinea Dino Rossi, portavoce del Cospa Abruzzo, che hanno riportato danni per cinquantamila euro. «Non si può dire al cinghiale o al lupo di stare attenti, e di non creare più di 15mila euro di danni in un triennio, specialmente, poi, se ci sono enti, come i nostri parchi e la Regione, che omettono di attuare il selecontrollo della popolazione di ungulati. Ci sono tanti animali dentro il Parco che di notte escono dalle aree protette e arrecano ingenti danni alle attività agricole. Ci sono aziende che in un solo anno hanno ricevuto danni, come da perizie giurate, che hanno superato i 50 mila euro. Eppure», aggiunge Rossi, «come ha chiarito l’europarlamentare Ciolos, il cinghiale non è una specie di interesse europeo, protetta dalla direttiva Habitat. Spetta agli Stati membri garantire che le popolazioni siano gestite in modo da evitare o ridurre al minimo gli impatti negativi sui terreni agricoli. Per tutto questo tempo il Parco non ha mai eseguito un prelievo della fauna selvatica, si è limitato a rimedi biologici, con effetti contrari a quelli sperati. Tanto è vero che, in questi mesi, il Parco si è deciso a fare un bando per la gestione della fauna selvatica». Il Parco ha chiesto all’Ue di poter uscire da un regime così restrittivo come quello del “de minimis”, ma al momento è ancora in attesa di risposte. (a.b.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA