Asm, condanna per Tancredi

Consulenze esterne, dovrà risarcire l'azienda. Indagò la Finanza

L'AQUILA. Aveva affidato, nella sua veste di presidente dell'Asm, alcune consulenze a due professionisti esterni. Ora Pierluigi Tancredi dovrà restituire all'Asm 13 mila 200 euro. Così ha deciso la Corte dei Conti.

L'indagine è stata condotta dalla Guardia di finanza. Tancredi era finito nel mirino della Corte dei Conti per un danno di 44 mila euro arrecato alla società. Una somma pari agli importi erogati dalla società a due consulenti, Max Di Pasquale e Alberto Torelli, chiamati ad elaborare rispettivamente un piano industriale ed economico e uno studio per l'analisi dei sistemi di raccolta differenziata. Secondo l'ipotesi accusatoria entrambe le collaborazioni, stipulate con contratti che risalgono al 2006 e ai primi mesi del 2007, sono da ritenersi illegittime. E ciò perché non erano state valutate le risorse interne all'ente in grado di assolvere ai compiti affidati, invece, con incarichi esterni, e per non avere comunque rispettato le regole di trasparenza e concorsualità per il loro affidamento. E ancora, nell'azione di responsabilità amministrativa, la Procura della Corte dei Conti faceva riferimento anche alla violazione delle norme vigenti volte ad impedire o contenere l'aumento della spesa per il personale. Tancredi, che prima di diventare presidente dell'Asm aveva ricoperto il ruolo di assessore nella giunta Tempesta, aveva chiesto l'integrazione del contraddittorio nei confronti di componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. Una richiesta respinta dalla magistratura contabile.

Nel merito i giudici hanno - tra l'altro - sottolineato il fatto che «il conferimento di un incarico di consulenza a soggetti esterni all'apparato amministrativo può ritenersi leggittimo ove si renda necessario per affrontare problematiche di particolare interesse, complessità o urgenza che non possono essere adeguatamente risolte avvalendosi delle professionalità interne».

Il Collegio ha, inoltre, ravvisato l'assoluta assenza di motivazioni dei provvedimenti e la totale mancanza di istruttoria, «ciò» si legge nella sentenza «in palese sprezzo ai limiti posti al conferimento di incarichi esterni». Da qui la condanna al pagamento, limitatamente al 30% dell'importo richiesto, di 13 mila 200 euro, a cui andranno ad aggiungersi le rivalutazioni monetarie.

© RIPRODUZIONE RISERVATA