Avezzano, travolta dalle tasse chiude la storica macelleria Ciccone

Avviso ai clienti sulla vetrina: «Lo Stato non ci fa lavorare». Il proprietario: «A 54 anni costretto a rimettermi in gioco»

AVEZZANO. «Siamo costretti a chiudere la nostra attività per la pressione fiscale esercitata da uno Stato che non ci permette di lavorare come vorremmo». Con un grazie carico di stima e affetto, dopo 36 anni si è abbassata la saracinesca della storica macelleria Ciccone di via Corradini 84 ad Avezzano, una delle più antiche del settore. Un’attività nata negli anni Ottanta in pieno centro e portata avanti prima da Vincenzo Ciccone e poi dal figlio Sandro. Che ora ha deciso di mollare tutto.
Così da questa settimana, invece della riapertura post-ferie, ha chiuso definitivamente, lasciando senza parole tutti quei clienti che vedevano nella famiglia Ciccone e nella loro macelleria un punto di riferimento per gli acquisti.
«La nostra macelleria era aperta dal primo marzo del 1981», racconta Sandro Ciccone, «prima c’era mio padre Vincenzo, poi negli ultimi 25 anni sono arrivato io. Prima si riusciva ad andare avanti, ma ora, con il 70 per cento delle tasse applicate sul nostro reddito, non ce la facciamo più. Per questo, prima che potessero subentrare i debiti, ho deciso di fare un passo indietro e di uscire dal giro. Non è stato facile, ma non ho avuto altra scelta».
Ciccone ha sistemato sulla vetrina del suo negozio in via Corradini un cartello con il quale spiega la situazione.
Avviso accompagnato da una riflessione di Luigi Einaudi sul mondo dell’imprenditoria, dove ci sono persone che «prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi».
Secondo Ciccone, infatti, «la situazione, per un piccolo imprenditore, è diventata insostenibile. Su un incasso mensile di 4mila euro, che da tempo non c’è più visto vista la crisi, viene applicata una tassazione del 70 per cento. È diventata una situazione esasperante e per questo ho deciso di fermarmi. L’affitto, come spesso si dice, non influisce perché viene detratto dalle tasse. Quello che invece pesa sono le imposte. Se una persona poi è proprietaria di un immobile è anche peggio». Ciccone, 54 anni, non ha avuto paura di dire basta ed è pronto a ricominciare. «Ho un mestiere in mano e ho già diverse proposte di lavoro da valutare», ha concluso l’imprenditore, «ho preferito fermarmi in tempo prima di cadere nel baratro dei debiti e della crisi senza uscita».
Incredulo il presidente regionale di Confcommercio, l’avezzanese Roberto Donatelli, che da anni lavora per tutelare le “botteghe” storiche della città e difenderle dalla grande distribuzione. «La chiusura di Ciccone è un segnale brutto perché nonostante tanti anni di attività l’imprenditore non è riuscito a sostenere il peso delle tasse», ha dichiarato Donatelli, «ormai si parla di dover lavorare sei mesi solo per pagare le imposte e difficilmente si riesce a rimanere in piedi. Gli spiragli sono pochi e sono sempre di più le aziende che chiudono. Come associazione di categoria e come cooperativa garantiamo dei finanziamenti, ma spesso gli imprenditori hanno difficoltà ad accedere al credito e sono costretti a mollare tutto».
Rammaricato anche l’assessore alle Attività produttive del Comune di Avezzano, Guido Gatti. «La decisione dell’esercente, tra i più apprezzati del suo genere in città, mi rammarica, ma la comprendo e gli esprimo la mia solidarietà», ha affermato Gatti, «fare l’imprenditore, oggi, è letteralmente un’impresa. Per quanto di competenza dell’amministrazione comunale, siamo a disposizione per incontrarlo, nell’auspicio che possa riconsiderare la sua decisione».
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