Benigni regala un sorriso agli sfollati

Show del premio Oscar nelle tendopoli. A Coppito recita Dante davanti a 2mila persone.

L’AQUILA. Ride e scherza col mestolo in mano. Poi piange accanto a Giustino Parisse sotto l’albero della memoria. Roberto Benigni, il «Piccolo Diavolo», cammina tra le sofferenze degli aquilani.

MATTATORE. «Berlusconi? Che peccato non esserci stato ieri. Non m’hanno avvertito. Io lo terremotavo. Quarto grado. Facevamo Verdone, Berlusconi e Benigni, i tre comici più grandi d’Italia. Il più grande di tutti, però, l’avete chiamato per Ferragosto». Riso e pianto. Abbracci e baci sulla bocca. Ma anche tenere carezze alle mamme e ai bambini. Battute a raffica (bersaglio preferito il premier). Una scalata col carrello elevatore nel cantiere di un asilo. Dediche in rima baciata. Canto XXVI dell’Inferno. Il monologo di Ulisse. E qui non si ride. Tra i duemila riuniti alla Finanza c’è gente che piange. Mezza giornata senza un attimo di pausa. Il premio Oscar passa con delicatezza da un contesto all’altro senza turbare il dolore di una città intera. Benigni esce sconvolto dalle macerie di Onna e dentro la tendopoli urla: «Non vi zittate mai, chiedete, chiedete, fino a quando le cose non vi saranno date». Invitato da Protezione civile, Bertolaso in testa, e ministero per i Beni culturali, rappresentato dal capo di gabinetto Salvo Nastasi, l’attore è il pezzo forte dei «Campi sonori» voluti dall’associazione «The Co2 Crisis opportunity onlus» per l’estate degli sfollati.

LA STORIA. Interrompe le vacanze in Svizzera. Prende un aereo di linea e atterra a Roma dove affitta un’auto. All’ora di pranzo è all’Aquila. Da solo, niente interviste, si fa portare in piazza della Prefettura dove sgrana gli occhi davanti al palazzo crollato. Poi di corsa a Paganica, campo 3, 200 residenti che appena si sparge la voce tornano tutti nel grande tendone-mensa. Benigni ha una parola per tutti. «Angela, Fiorella, anche voi qui?» La prima a baciarlo è Franca Pallotta che trema ancora: «Ho preso un ansiolitico. È la troppa emozione». Veste la maglietta di Bertolaso («Non è che mi dona troppo») e la casacca gialla dei volontari di Rifondazione «Brigate di solidarietà attiva». Poi passa sotto un tavolo e sbuca davanti alla cuoca Valeria, travolta da un abbraccio e costretta a cedere il mestolo. «Oggi servo io: zafferano, lo dobbiamo promuovere nel mondo». Fiorella Lamberti, Angela Alfonsi, la piccola Ilaria e la signora Bianca rimediano un bacio ciascuna. Sorridono. «Ma come fate? Eppure ne avete passate tante. Tranquilli. Berlusconi le promesse le mantiene. Qui ne ha promesse talmente tante che la metà basta.

E L’Aquila sarebbe New York». A un anziano dice: «C’è tanti mascalzoni in giro, c’è bisogno di buoni esempi sennò c’è poco da stare allegri. Ma voi come fate? Siete forti, l’avete dimostrato a tutto il mondo». Eccolo col cappello da cuoco mentre posa col gruppo di Trento. Scatta un clic, per cortesia, pure il prefetto Franco Gabrielli. Quando abbraccia la giovane Olivia Bertolaso l’attore esclama: «Hai negli occhi una luce speciale». Le tante dediche gli regalano un pranzo tormentato. Rigatoni in bianco, radicchio e cocomero presi dopo la fila come tutti gli altri. E quando tra la folla si fa largo Noemi, una ragazza con la faccia pulita che di cognome, però, fa D’Intino, eccolo ripartire a razzo. «Ah, allora non c’è solo quella di Berlusconi. Ma lo sai che il tuo nome è importante? Una donna straordinaria. La storia cercala nella Bibbia ». Poi gli portano una lettera. Lui ne stravolge il contenuto e legge ad alta voce: «Caro Roberto, dì a Bertolaso che deve ridarmi i soldi che gli ho prestato.

Lui fa sempre così, prende e non ridà indietro». Ridono tutti. Pure Paolo Mariani, ex rugbista. «La cosa più grande è doversi occupare della sofferenza », aggiunge l’attore. Maria Pia Perazza incassa tre baci. «Benigni, Bertolaso e il prefetto. Roberto è più bello che in tv». Si commuove la psicologa trentina Maria Montanaro. «È bello averti qui, mescolato tra la gente. L’umorismo è una buona medicina per questa gente». Poi un caffè con un cucchiaio di zucchero («A Bertolaso decaffeinato!», urla al bancone), due boccate di sigaretta nel retrocucina. Poi le divertentissime dediche.

A Rossana Boccabella firma il vestito rosso: «Mi porti in seno». Dina gli fa firmare l’immaginetta di madre Maria Gemma di Gesù Ostia, madre badessa morta sotto le macerie del monastero di Santa Chiara povera. Benigni si ferma e legge, dal Vangelo: «Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». La rima più bella finisce su un braccio ingessato: «A Pia, che questo gesso vada via». Maria Lucia gli stringe la mano e non lo molla: «Non vi dimenticate di noi. Risolvete i nostri problemi. Parla con Bertolaso: vogliamo le case ». Benigni applaude gli sfollati. Preso in braccio dai volontari di Croce rossa Trento, lui acchiappa il più grosso: «Ora ti alzo io».

ALLA FINANZA. «Vi bacerei tutti, vi spoglierei tutti. Bacerei una a una le pietre di questa città». Entra da par suo, passeggiando sulle poltrone di prima fila dove Anna Luzi riesce a stringergli la mano. Nell’auditorium strapieno e collegato con la palestra altrettanto colma (sono in 2mila) è ovazione per Benigni che fa «il G1». «Non dirò nulla contro Berlusconi. Sbagliato o sbagliato che sia, è il mio presidente. Ma manterrà, l’ha detto a me e Bertolaso che ieri sera siamo andati a trovarlo, vestiti di nero e con poco trucco, proprio come piace a lui. Per andare in Paradiso si passa dall’Inferno. Vi dedico il canto di Ulisse: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza ». La sala ammutolisce. La gente piange. Lui consola così: «Torno a città ricostruita. Andiamo tutti insieme a riveder le stelle».