Berlusconi apre le case degli onnesi

Il premier protagonista nel nuovo villaggio realizzato dai trentini.

L’AQUILA. Prigioniero dei suoi stessi annunci (il primo maggio disse: il 10 settembre case pronte in 14 aree) il premier, pur di non sforare con le date, mette cappello sulle casette di legno degli onnesi. Degli onnesi e dei trentini, degli umbri e della Croce Rossa che ci ha messo i soldi. E consegna lui, sotto i riflettori della «terza camera», il «Porta a Porta» dell’aquilano Vespa, l’asilo di Giulia e le prime chiavi della prima casa di «Onna Nuova». Poi, non gli pare vero quando sente il saluto dell’arcivescovo Molinari che è, per tre quarti, un inno a Berlusconi. Ecco, allora, che il capo del governo, che davanti all’asilo era rimasto zitto, si riprende la scena, prima di rinunciare alle altre due consegne perché tira aria di contestazione.

«OLTRE LA MORTE». Bertolaso lo ripete al microfono mentre cerca di gestire al meglio la calca che si affolla davanti al nuovo asilo. Ma che non è una festa lo capisci senza che nessuno te lo dica. Ci sono le nuove case. Sono belle, sì, nessuno lo può negare. Ci sono i fiori alle finestre, col frigo pieno di minestre in busta e la dispensa pure, con lo spumante Martini, i dolci Aveja, il torrone Nurzia, le pile di asciugamani immacolati, ma senza iniziali, e il biglietto autografo di Berlusconi. Stanotte tre famiglie potranno già dormirci. Alle altre 91 toccherà domani. Ma c’è poco da festeggiare, sì, per chi nel terremoto ha perso tutto, il sangue del proprio sangue, le case, il paese, il passato e il futuro. E allora il palchetto, le transenne, le scorte, le auto blu, i cordoni di polizia, i lenzuoli bianchi con su scritto «E agli altri chi ci pensa?» sono tutto un contorno di cui gli abitanti di questo «paese nuovo» avrebbero fatto volentieri a meno.

Ma non riescono, no, a fermare la giostra. E allora, almeno, gli onnesi facciamoli passare avanti, come dicono e ridicono al microfono. Ma chi li sente? Ha la faccia scura, tirata, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi quando arriva, poco dopo le 15, e depone una corona d’alloro, anturium e rose bianchi e rossi sotto all’albero della memoria, l’acero che ha dato ombra alle 41 vittime estratte dalle macerie. Poi s’infila nella prima delle casette, si dà una rinfrescata e si cambia d’abito, pronto a uscire giusto giusto davanti ai comitati di cittadini che lo contestano. Legge gli striscioni, sente la gente che lo chiama e gli chiede di fermarsi. Ma lui tira dritto e guadagna il palchetto dove lo aspettano, tra gli altri, Bertolaso, il giornalista Giustino Parisse, Franco Papola dell’Onna onlus, Angela Bove mamma della studentessa morta Giulia Carnevale, il presidente della Regione Gianni Chiodi, il sindaco Massimo Cialente, la presidente della Provincia Stefania Pezzopane, il presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai, l’arcivescovo Giuseppe Molinari.

Qui le parole di mamma Angela fanno sciogliere anche i muri tirati su nuovi di zecca. «Con questo asilo andiamo oltre la morte. Giulia era nata ad Arpino 22 anni fa. Era gioviale, sempre allegra, disponibile con tutti, bravissima a scuola. Dopo il liceo Classico ha scelto Ingegneria all’Aquila. Era al quarto anno. Amava la vita, ma il terremoto ha spezzato i suoi sogni, i suoi progetti. Lei ci ha lasciato quest’opera. Il progetto dell’asilo l’abbiamo scoperto nel computer ritrovato in macchina. È bello vederlo realizzato. Oltre la morte».

«RISPETTATECI». Da una mamma a un padre. Giustino Parisse chiude il suo discorso scandendo bene queste parole: «Rispettate il nostro dolore, rispettate la memoria di chi ci ha lasciato». Le pareti dell’asilo sono di vetro e si vede tutto. Fuori si parla di morte e lì dentro tanti piccoli frugoletti si stanno rotolando ormai da ore tra i giochi. In libreria sono già pronte le fiabe di Alì Babà e i 40 ladroni, i Musicanti di Brema e il Gatto con gli stivali. E c’è pure la Bibbia a fumetti. Restando in tema, parola all’arcivescovo Molinari. «Carissimo presidente, un augurio affettuoso anche per Lei. Il Vangelo condanna chi chiacchiera e non fa concretamente. E lo stesso Vangelo loda chi alle chiacchiere sostituisce fatti concreti. Io le auguro di poter continuare a fare del bene non solo alla nostra terra così devastata e così provata ma anche a tutta la nostra bellissima e amatissima nazione: l’Italia. Alla gente umile e semplice, che è poi la migliore e la più numerosa dell’Aquila, dell’Abruzzo e dell’Italia intera, non interessano le chiacchiere sterili della politica.

Questa nostra gente desidera solo ciò che serve a una vita dignitosa, tranquilla e sicura. A questa nostra gente interessa il lavoro, una giustizia che funziona, un’amministrazione pubblica che non diventi mai burocrazia che soffoca ed esaspera i cittadini, ma sia di vera utilità a tutti. E, naturalmente, questa nostra gente desidera una sempre più equa distribuzione della ricchezza ». Sento un osservatore rimasto indietro che dice: «Ma chi è che parla, Bonaiuti? ». E contemporaneamente questo sermoncino rianima Berlusconi che cambia faccia. Prima era teso, ora è sereno, annuisce e accenna un sorriso. Il presule riprende: «Perciò noi auguriamo al Suo governo di fare presto e bene le riforme delle quali il nostro paese ha più bisogno (e che spesso non costano nulla!). Il popolo ha eletto i suoi rappresentanti per questo. Ed è stanco di assistere a una vita politica fatta di risse, insulti, odio e di discussioni imcomprensibili, che non hanno nulla a che fare con una sana e autentica vita democratica.

Auguri, Presidente! E continui a ricordarsi di noi, di Onna e della nostra città dell’Aquila che, come ha detto il Santo Padre, ora è ferita, ma ha tutta la voglia, prepotente e decisa, di tornare a volare! Grazie! Prego per lei e per tutti coloro che sono stati chiamati a servire il nostro popolo con l’impegno politico, impegno che è la forma più moderna, vasta ed efficace della carità». E qui un applauso fragoroso, il più forte che si sente in tutto il pomeriggio. Se non è un’indulgenza questa, visto che quella della Perdonanza era saltata, e con essa la cena con Bertone, annullata dopo l’attacco del Giornale della famiglia Berlusconi al quotidiano dei vescovi Avvenire, poco ci manca. E lo dimostrano, in serata, i cori pro-Molinari dei deputati Pdl e il foglio del discorso episcopale sventolato dal premier in tv. Rinfrancato, Berlusconi si segna durante la benedizione e poi entra con Vespa nell’asilo dopo aver scoperto il monumento agli studenti morti nel terremoto.

Berlusconi stringe tante mani e poi va verso la prima casa della «Onna Nuova». Qui, al civico 39, si ferma a casa di Alessandra Giancola e Andrea Vecchio. «Che sia un nido d’amore per una nuova vita, per guardare avanti pensando al futuro con serenità e speranza», dice il premier quando gli passano un microfono. Poi consegna le chiavi. «È la prima volta che diamo la chiave di una casa, sono emozionato. Speriamo che questa casa sia solo per poco tempo, anche se questa residenza ha tutto quello che serve per fare crescere i figli, amarsi e guardare al futuro con serenità. Consegno a lei le chiavi perché è la padrona di casa». Poi entra, brinda con lo spumante e mangia i dolci.

CAMBIO DI PROGRAMMA. Mentre Berlusconi parla, la platea è divisa tra applausi e grida di «vergogna» che si sentono in sottofondo. A quel punto, forse per il timore che la protesta cresca, si decide che il premier consegnerà direttamente una sola chiave. Quindi si preparano le auto. E nelle altre due casette l’attesa degli assegnatari sarà vana. Eppure era tutto pronto. E previsto.

ALLA BENIGNI. Mentre va via da Onna, Berlusconi chiude con l’ennesimo siparietto. Un suo fan, Giuseppe Mancini di Marruci di Pizzoli, prima lo riempie di complimenti poi lo abbraccia e lo solleva da terra «alla Benigni ». «Silvio, sei un grande presidente. Grazie per quello che hai fatto. Sono 50 anni che sto con la Dc e che lotto contro il comunismo». «Allora, se la pensi così, ti abbraccio due volte, mi ha detto Berlusconi», racconterà più tardi. «Sono iscritto alla Dc dal 1969, poi alla Cisl. Sono cattolico professante e Silvio è l’unico scudo contro i comunisti che cambiano nome ma sono sempre gli stessi».

GLI ALTRI OSPITI. «È vero che le abbiamo costruite noi, ma le case sono di chi le vive, per fortuna». Non lo trovi nelle prime file il presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai. «Noi non entriamo nelle beghe romane. È ora di finirla con protagonismi strumentali e polemiche senza senso, dobbiamo solo tutti lavorare. Noi siamo gente di montagna, guardiamo al sodo. Realizzeremo in tutto 350 case una parte costruite con i nostri finanziamenti e una parte commissionata dallo Stato e da altri enti. Le polemiche non c’interessano. Che sia Berlusconi a dare le chiavi non mi fa né caldo né freddo ». «La consegna è importante ma va rigettato un certo tono di enfasi e di autoreferenzialità. Queste case non erano previste e sono state individuate dopo una mobilitazione dei cittadini di Onna che non volevano spostarsi, non sono le case del progetto, non è merito del governo », rincara la dose la presidente della Provincia Stefania Pezzopane.

«Continuerò a chiedere a Berlusconi sobrietà, rigore e interventi concreti perché se in alcuni momenti siamo stati assecondati, in altri siamo stati usati e strumentalizzati, gente che soffre portata in vetrina per esibire potere e forza di un governo che in molti momenti ha mostrato debolezza. Dalle tende gli sfollati non vanno in case, ma negli alberghi. Le aspettative sono state disattese. Cerchiamo di lavorare assieme per raggiungere gli obiettivi. Siamo lontani dalle promesse del governo, ma ci auguriamo che entro novembre, come dice Bertolaso, le case ci saranno per tutti». Il chiamato in causa dice: «Tra sabato e domenica la tendopoli di Onna sarà chiusa».

PENTOLE E BICCHIERI. «Nelle case c’è tutto: bicchieri, pentole, asciugamani, dentifricio, shampoo, sapone, dentifricio, la carne, il frigo pieno di ogni ben di Dio. Sapevamo che era una promessa ardita ma l’abbiamo mantenuta. Le proteste? Solo di quei paesi dove non siamo ancora arrivati. Ci vuole tempo, ma le promesse noi le manteniamo. Torneremo qui quando tutte le case saranno state consegnate per fare una tavolata», chiosa Berlusconi. «Non credo si faccia in tempo a sistemare tutti per il 30 dicembre, non è il momento di lanciarsi in queste sfide: il problema è dare certezze a ogni cittadino», sibila Cialente. «Già, certezze. Come quelle che cerca Zoran di Belgrado, da 22 anni in Italia e onnese di adozione. Che oggi, nella parata per le nuove case, la sua non l’ha trovata.