Bova: occhio a internet non è un buon maestro

L’attore ai ragazzi del corso del Centro: accettate ciò che è diverso

AVEZZANO. «Non esiste il futuro finchè c’è il presente», così racconta l’attore Raoul Bova dello spettacolo “Due”, del regista Luca Miniero, che si è tenuto il 9 e il 20 febbraio scorsi al Teatro dei Marsi di Avezzano. Il regista, insieme a Raoul Bova, nei panni di Marco, e Chiara Francini, nei panni di Paola, mette in scena la storia di una coppia che si chiede come sarà la loro vita tra vent’anni. Qualche ora prima del debutto l’attore ha dato la possibilità, agli alunni del Liceo Classico “Alessandro Torlonia”, di intervistarlo.

Nello spettacolo “Due” si parla del futuro. Lei come immagina la sua vita futura?

«Nel nostro spettacolo si proiettano vite future, ma in realtà poi si dice che non esiste il futuro finché c’è il presente. Il futuro è soltanto la proiezione di sogni, paure e bisogni, ma fondamentalmente non esiste».

Quanto l’ha aiutata nella sua carriera essere considerato un sex symbol?

«Questa domanda è molto ricorrente. Ci sono sempre i pro e i contro delle cose. Quando ti trovi ad entrare nel mondo del cinema, devi saperti far apprezzare nel tempo. I sex symbol infatti durano poco, e questa è una parola che odio. Non vorrei lamentarmi ma ho vissuto a lungo uno sdoppiamento; oggi però col tempo, alla soglia dei 46 anni, sono molto più sicuro di me».

L’abbiamo vista sul palco dell’Ariston. Le piacerebbe un domani cimentarsi nei panni di presentatore?

«Assolutamente no, non mi piacerebbe fare il conduttore. Ho giocato la parte dell’impacciato sul palco di Sanremo più di quello che sono realmente. Ci sono dei meccanismi che sono troppo poco adeguati al mio modo di essere, quindi ognuno faccia il proprio lavoro».

Molto spesso è stato protagonista di film che trattavano fatti reali e molto frequenti. Quanto è importante per lei l’impegno sociale?

«L’impegno sociale è quello che per me è più importante nella mia carriera, quello che ti dà più spunti e diventa un pensiero personale. Quando ci sono dei fatti veri, impari da quei fatti e ti rendi conto della grandezza del male e della grandezza dell’uomo che sconfigge il male».

Lei ha recitato nel film “Torno indietro e cambio vita”, ha mai pensato di ricominciare da capo?

«Ricominciare da capo, sicuramente non l’ho mai pensato. Cambiare vita vuol dire liberarsi da tutto ciò che è stretto e che non ti dà la libertà di poter essere quello che vuoi. La cosa più giusta è onorare la tua vita, sentire quello che hai dentro e trovare il tuo essere».

Nel film “Scusate se esisto”, come si è trovato a interpretare il ruolo di un omosessuale?

«Ho molti amici omosessuali, son cresciuto nel periodo in cui l’Aids era diffuso nella nostra società e devo dire che c’era anche molta paura che fossero contagiosi solo a guardarli, come se fossero malati. Bisognerebbe pensare che la discriminazione parte dal fatto di considerarsi superiori e quindi di poter dire come l’altro si deve comportare e stabilire chi è migliore degli altri. Alla fine siamo tutti uguali. Bisogna accettare il pensiero dell’altro anche se non si condivide. La fascia di età di voi ragazzi è più aperta e con meno pregiudizi sotto questo punto di vista. Sono bravi i professori che con le loro lezioni danno ai ragazzi ciò che è importante. Anche io come genitore ne parlo ai miei figli molto apertamente. Ma c’è anche un altro insegnante, internet, che a volte insegna male, è un’arma a doppio taglio. Prima o poi la vita ti darà qualcosa di grande e non dobbiamo mai sentirci inferiori. Bisogna dare tempo al tempo, non avere fretta e lavorare sulla propria autostima».

Nella sua carriera ha recitato anche in America. Ha notato differenze tra il cinema italiano e quello straniero?

«Ho lavorato anche in altri film americani e devo dire che dietro ci sono delle grandi macchine. Quando sono tornato in Italia mi sono reso conto che c’era tanta illusione del mito americano. Il cinema diventa quasi non umano, ci sono dei rapporti troppo settoriali. Bisognerebbe istruire i ragazzi a vedere i “veri” film del cinema italiano, anche perché il teatro e il cinema aiutano a capire il proprio essere. C’è da dire, però, che il cinema americano può dare più possibilità di realizzazione per i nuovi talenti. Quello che a noi manca sono i soldi per poterli realizzare».

Giorgia Agostini

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