Campomizzi, l’ira degli sfrattati

«Noi deportati dopo il sisma e ora cacciati per far posto agli studenti».

L’AQUILA. «La deportazione riparte dalla caserma Campomizzi». Nel giorno in cui l’Azienda per il diritto agli studi universitari divulga il bando per i 444 posti letto della struttura, scatta la protesta dei residenti che, nella prospettiva di essere di lì a poco trasferiti altrove, esibiscono all’ingresso degli striscioni provocatori, tra cui, «Terremotati e sfrattati: Di Orio ci ospiti tu».

Una protesta pacifica, tutto sommato, che ha coinvolto solo una parte degli sfollati. Ma è grande la rabbia di chi teme di dover tornare a fare il pendolare. «Così dopo nove mesi di mare mi hanno fatto venire qui per «sbattermi» un’altra volta fuori, magari in montagna», si sfoga Mario Ianni, residente della caserma, «visto che le soluzioni che mi prospettano riguardano Rocca di Mezzo o Pescasseroli». C’è preoccupazione tra i più per un sistema che rischia «di scatenare una guerra fra i poveri», secondo Claudio Nobile, che viveva in via Santa Maria degli Angeli, «perché qui si chiede a delle persone anziane che abitavano in case del centro storico di tornare a fare centinaia di chilometri, mentre agli studenti, la maggior parte dei quali proviene dalle altre province abruzzesi, non si può chiedere di avere ancora un po’ di pazienza, visto che ormai siamo a metà anno accademico».

Ada Izzi
ha addirittura trovato lavoro come cuoca nella Caserma. «Nelle case di Berlusconi non c’è posto per mia figlia e per mia madre che formano un nucleo aggregato», spiega, «e io rischio anche di perdere il lavoro», mentre Mario Iannucci se la prende con i tecnici che gli hanno classificato «B» l’abitazione, in via Aldo Moro. «Di fatto la palazzina di 7 piani», spiega, «non sarà mai pronta prima dell’anno prossimo. Se fosse stata classificata E adesso avrei il mio alloggio antisismico». Sulla protesta è intervenuto il rettore Ferdinando di Orio, per chiedere di finirla con le contrapposizioni tra sfollati e studenti. «Non è più tollerabile», ha spiegato in una nota, «che le giuste esigenze degli studenti siano contrapposte con le altrettanto giuste esigenze dei cittadini aquilani.

Si abbia il coraggio di riconoscere il fallimento del piano Case e delle politiche abitative del post-sisma». Di Orio si è detto dispiaciuto per i problemi di questi giorni: «È bene ricordare che ho denunciato la mancanza di alloggi per gli studenti universitari già dai primi giorni dopo il sisma e, successivamente, ho continuato a ribadire l’assoluta necessità di provvedere per tempo al problema della residenzialità universitaria. Queste nostre richieste sono state inascoltate dalla Protezione civile, dalla Regione e dagli Enti preposti al diritto allo studio. Forse perché», ha concluso, «nessuno pensava che l’ateneo potesse ancora avere tanti studenti».