Capistrello accoglie il Premio Giustolisi 

L’evento tocca i luoghi degli eccidi nazisti ed è dedicato al giornalista d’inchiesta che scovò l’Armadio della vergogna

CAPISTRELLO. «Ricordare e rendere onore alle vittime della barbarie nazista è un dovere morale e civile. Che è poi il significato profondo di questo Premio, dedicato a un grande giornalista d’inchiesta quale fu Franco Giustolisi». Così Francesco Ciciotti, il sindaco di Capistrello, il paese che il 4 giugno 1944 assistette impotente all’eccidio di 33 civili inermi, ha salutato i numerosi partecipanti al convegno, tenutosi nei locali del ristorante “La Villetta” e che può considerarsi come prologo del Premio di giornalismo che si terrà il 10 novembre. Un Premio itinerante, che nelle intenzioni degli organizzatori toccherà tutti i paesi, e non solo abruzzesi, che hanno conosciuto l’orrore delle stragi nazifasciste, coinvolgendo anche le scuole. Dal prossimo anno, inoltre, come annunciato dalla figlia del grande giornalista scomparso nel 2014, Livia, presente all’incontro, al Premio di giornalismo si affiancherà anche un Premio letterario.
Livia, giornalista anche lei e componente della giuria del Premio, al termine della proiezione del filmato prodotto dalla Rai sul libro “L’armadio della vergogna”, in cui Franco Giustolisi denuncia l’oblio caduto sui crimini nazifascisti, con la voce rotta dall’emozione, ha ricordato alcune delle grandi inchieste del padre: dal caso Moro, alla P2, dalle stragi di Stato alla malasanità.
Nel libro “L’Armadio della vergogna”, Giustolisi racconta che fra il 1943 e il 1945 le stragi compiute dai nazifascisti furono ben 2.273. Dopo la Liberazione molti dei colpevoli furono individuati e su di loro furono aperti procedimenti penali. Ma dal 1947 fu messo tutto a tacere. Dentro un armadio, custodito nella Procura generale militare di Roma, 695 fascicoli rimasero sepolti per mezzo secolo. Le cause dell’insabbiamento furono essenzialmente politiche. Motivi di opportunità suggerirono al governo italiano di mantenere buoni rapporti con la Germania democratica, che faceva parte, come l’Italia, dell’Alleanza atlantica. La ragion di Stato ebbe così il sopravvento sul desiderio di giustizia, inducendo la magistratura militare a occultare la documentazione. Il ritrovamento di quelle carte, nel 1994, ha permesso di avviare, pur tra mille difficoltà, nuove indagini e in alcuni casi di celebrare finalmente i processi. Al convegno hanno partecipato anche Costantino Felice, che Stefano Pallotta, presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo e moderatore dell’incontro, ha definito «il più importante storico della Resistenza abruzzese», il chirurgo e storico Giovanni De Blasis, numerosi sindaci della Marsica, il professor Francesco Letta, il presidente del consiglio regionale, Giuseppe Di Pangrazio, il consigliere regionale Lorenzo Berardinetti, il presidente e il segretario dell’Associazione nazionale partigiani della Marsica, Giovanni D’Amico, il giornalista Giustino Parisse e Augusto Di Bastiano. Quest’ultimo genero del compianto Antonio Rosini, scomparso di recente, al quale i nazisti, nella strage a Capistrello, uccisero il padre e lo zio. Rosini per tutta la vita lottò perché gli fosse resa giustizia, senza purtroppo riuscirci.
©RIPRODUZIONE RISERVATA