malasanità in tribunale

Capistrello, sangue infetto: eredi risarciti dopo 52 anni

Non c’è la prescrizione chiesta dalla Asl perché la moglie del morto è analfabeta e le cartelle cliniche sono state esaminate solo in seguito dalle figlie divenute grandi

CAPISTRELLO. L’ennesimo caso di malasanità ha coinvolto una famiglia di Capistrello e ha spinto il tribunale di Avezzano a condannare il ministero della Salute al pagamento di una indennità pari a circa 77.500 euro agli eredi di E.S., deceduto a causa di una trasfusione di sangue effettuata nell’ospedale di Avezzano e risalente al 1964. All’epoca E.S. fu sottoposto a una operazione chirurgica, durante la quale si rese necessaria una trasfusione che però si rivelò peggiore del male, perché la sacca di sangue era infetta e dopo aver causato l’epatite virale di tipo B, successivamente scatenò prima una cirrosi epatica e poi un carcinoma epatico che causò il decesso del paziente. E quando tutto sembrava ormai decantato dallo scorrere del tempo, nel 1992 la moglie di E.S., si rivolse all’avvocato Cristian Carpineta per intentare causa contro il ministero della Salute, chiedendo un risarcimento. A lume di naso, i termini per il ricorso sembravano scaduti, perché la prescrizione decorre dopo un decennio. Ma l’avvocato Carpineta, dopo aver studiato il caso, decise di avviare la causa. «In effetti sembrava il classico tentativo con scarse probabilità di successo», spiega il legale, «ma ad una più attenta analisi, mi avvidi che negli eventi causati da sangue infetto non conta la data in cui si è verificato il danno, ma quella nella quale si viene a conoscenza che la malattia era riconducibile alla trasfusione. E nel nostro caso era proprio così».

L’avvocato Carpineta prosegue poi nel racconto degli ulteriori elementi che hanno indotto il tribunale a dar ragione agli eredi dell’uomo. «Dal momento che la consorte è analfabeta e quindi non in grado di poter valutare alcun referto medico», sottolinea Carpineta, «e all’epoca dell’operazione chirurgica le figlie di E.S. erano ancora in età pre scolare, il giudice non ha potuto prendere in considerazione la prescrizione così come era stata richiesta dall’Ente ospedaliero, anche se la prima domanda di indennizzo fu presentata nel maggio del 2009».

A questo punto Carpineta ha avuto la consapevolezza di poterla spuntare, anche in funzione delle testimonianze delle due figlie di E.S. che nel 2009 hanno provveduto ad estrarre una copia delle cartelle cliniche alle quali ha fatto immediatamente seguito la richiesta di indennizzo una tantum. E dopo il parere favorevole della Commissione medica ospedaliera di Chieti è arrivato anche il riconoscimento del tribunale.

Plinio Olivotto

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