Caprioli in lotta annegano nel torrente

Scoperta nel Parco Sirente, le corna degli animali sono rimaste incastrate. Il veterinario: evento raro

OVINDOLI. Sara Megale è una guardia ecozoofila con la passione per la fotografia. E ieri, come ogni domenica, stava passeggiando tra i sentieri del parco regionale Sirente Velino, in località Valle d’Arano, quando un riflesso proveniente da un fiumiciattolo ha catturato la sua attenzione. Aiutandosi con lo zoom della propria fotocamera ha inquadrato il corso d’acqua. Sulle prime ha stentato a capire quello che appariva nel mirino ma lavorando sulla messa a fuoco non ha avuto più dubbi: due caprioli adagiati sul letto del ruscello. Quando è scesa nel greto del torrente, che scorre a 1.400 metri di altitudine, ha potuto verificare che i due animali erano morti. È stata una morte beffarda, ha accertato il veterinario arrivato sul posto.

I due caprioli maschi, di due anni, hanno ingaggiato un combattimento a colpi di corna. Nello scontro le loro “armi” si sono incastrate. I due animali, nel tentativo di liberarsi, sono caduti nel torrente. Forse per ore hanno cercato di divincolarsi, ma il groviglio delle loro corna ha reso vano ogni sforzo. Alla fine esausti sono stati vinti dalla corrente dell’acqua e sono annegati. Gli agenti del Corpo forestale di Celano hanno ripescato le carcasse. Il veterinario ha accertato che i due caprioli erano morti da circa 4 giorni.

«Non capita spesso di assistere a un simile ritrovamento», ha affermato il veterinario Giuseppe Cotturone, «anche se può accadere».

I combattimenti di cervi e caprioli sono molto frequenti durante la stagione degli amori, verso la fine dell’estate, settembre-ottobre, quando nei boschi del Parco del Sirente Velino è possibile anche udire i bramiti dei cervidi.

In questi casi, i protocolli sanitari prevedono analisi accurate sulle carcasse degli animali selvatici per verificare la presenza di qualche focolaio epidemico che potrebbe mettere a rischio la vita degli altri animali protetti del parco, ma anche la salute dell’uomo. «Dal 2014», ha specificato Cotturone, «il Parco ha intensificato il monitoraggio e la sorveglianza sanitaria della fauna selvatica per migliorare la salute pubblica, perché gli animali selvatici spesso vengono a contatto con il bestiame d’allevamento e, se sono affetti da malattie, il rischio di contagio è alto. Tuttavia secondo i primi accertamenti non si evidenziano particolari malattie».

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