Carenza alloggi ini città per single e coppieTrasferimenti nei Comuni limitrofi

Niente case in città, alloggi disponibili nei paesi

L’AQUILA. Una riunione dopo l’altra per trovare una soluzione alla carenza di alloggi che sta penalizzando i single, complessivamente 1.300, e gli 800 nuclei familiari composti da due persone. Per tamponare l’emergenza, tutta aquilana, in giornata verrà chiesto ai comuni limitrofi di mettere a disposizione le casette di legno (map) che, ad assegnazioni concluse, risultano in «avanzo».

LA RICERCA DEI MAP. All’Aquila, quando era ormai chiaro che i 4.449 alloggi del progetto Case non potevano bastare, è stata prevista la realizzazione di 1.200 map. Ma all’appello, continuano a mancare tanti alloggi, quelli per i single e per molte famiglie composte da due persone. Così, tra le strade che il sindaco e vice commissario per la ricostruzione Massimo Cialente sta percorrendo, per poter tamponare l’emergenza, c’è anche quella volta a ottenere la disponibilità delle case costruite nei comuni vicini. Map destinati a restare vuoti perché in sovrannumero. Sarebbero almeno 150 le casette di legno che i sindaci dei comuni limitrofi potrebbero rimettere in ballo. La cosa sarà oggetto questa mattina di un incontro che si terrà alla scuola della Guardia di finanza, a Coppito.

GLI SPOSTAMENTI. Sembra per ora naufragata, invece, l’iniziativa volta a favorire lo spostamento, verso alloggi più grandi, delle famiglie composte da tre persone (tutte adulte) che hanno avuto case con una sola stanza da letto. Quasi trecento le famiglie in queste condizioni, ma finora in 123 hanno rifiutato il trasloco che avrebbe dovuto consentire ad altrettanti nuclei da due persone di rientrare nel progetto Case. «Qualcuno» spiega Cialente «ha rifiutato persino di spostarsi nel palazzo accanto. Viene da pensare che forse c’è chi occupa solo per qualche giorno all’anno il divano letto di questi appartamenti». Ora, la stessa proposta verrà fatta anche a chi ha un figlio minorenne.

LE CASE MOBILI. Intanto, il Comune ha ingranato la retromarcia per quel che riguarda i 500 moduli abitativi removibili (40 i milioni di euro previsti) che dovevano servire ad ospitare famiglie con case B o C, nonché un centinaio di studenti. Uno stop riconducibile, per Cialente, al fatto che le case mobili dovevano essere una soluzione tampone. Ma visto lo slittamento dei tempi, questa strada non sembra più praticabile. Una decisione che potrebbe sfociare nella possibilità di rimodulare quel finanziamento, indirizzandolo - magari - verso la realizzazione di altre case di legno.

«Stiamo incrociando tutti i dati» dice Cialente «così da poter capire meglio le necessità e i bisogni. A quel punto decideremo cosa fare. A breve, tra l’altro, dovremo lasciare all’Azienda per il diritto agli studi universitari i posti finora occupati alla caserma Campomizzi. E tra i problemi da affrontare c’è anche quello delle famiglie sfrattate».

I NUMERI
. Ad oggi sono ancora 6.325 le persone ospitate negli alberghi e 1.140 sono quelle sistemate alla caserma della Finanza e alla Campomizzi. Secondo i dati diffusi dalla struttura di gestione dell’emergenza post terremoto della Regione, al momento risultano assegnati 4.235 appartamenti dei 4.449 del progetto Case. Quelli attualmente occupati sono 3.869 e la consegna delle case sarà completata entro il 19 febbraio. 28 mila, secondo i dati del Comune dell’Aquila, le persone ancora in autonoma sistemazione.

PROTESTE A PAGANICA
. Ma intanto monta la protesta degli esclusi dal progetto Case e dall’assegnazione dei map. A Paganica c’è aria di rivolta. In prima linea gli oltre cento single, tra loro anche molti anziani, e una sessantina di nuclei da due. Le 25 piastre costruite non sono bastate a risolvere i problemi di tutti quelli con casa E, o che vivevano nella zona rossa, che ora minacciano di mettere le tende davanti alle palazzine del progetto Case, dove l’altro giorno hanno anche inscenato una manifestazione. «Qualche anziano ha rifiutato di lasciare il paese e da mesi vive in roulotte o nei container» afferma Fernando Galletti, uno dei promotori della protesta. «La situazione va affrontata e risolta perché è impossibile lasciare fuori tutte queste persone che hanno avuto la casa disastrata dal terremoto». Qualche spiraglio sembra comunque aprirsi per i nuclei composti da due persone che dovrebbero rientrare (su questo sono in corso una serie di trattative) nel progetto Case. Ma la minaccia di dar vita a contestazioni eclatanti è tutt’altro che rientrata, tanto che ieri sera si è tenuta una riunione, con tutte le associazioni che hanno dato vita alla Onlus, per decidere cosa fare.

CASE DA RIPARARE . «Una situazione ancora difficilissima» ammette Cialente, che torna nuovamente a sollecitare l’avvio dei lavori di riparazione delle case B e C. Nei giorni scorsi, nella sua veste di vice commissario, Cialente ha annunciato lo stop ai benefici per tutti coloro che non iniziano, entro i sette giorni dal rilascio del contributo definitivo, i lavori. «Ci sono ditte che addirittura avrebbero trovato l’escamotage di non ritirare il nulla osta definitivo» dice «pensando così di aggirare l’ostacolo. Ma per noi il termine dei sette giorni scatta dalla pubblicazione all’albo pretorio dell’assegnazione del contributo definitivo. La gente deve rendersi conto che ogni mese di ritardo nel recupero delle case B e C costa cifre esorbitanti. Si tratta di svariati milioni di euro che vanno via per le spese degli alberghi e dell’autonoma sistemazione».

ALTRE CONTESTAZIONI. Proteste arrivano anche da Tornimparte, dove c’è chi lamenta il continuo rinvio della data di consegna dei map. Anche a Scoppito si registrano lamentele per i ritardi nell’assegnazione delle case di legno. In questo comune sono 28 le famiglie che aspettano di entrare in un’abitazione. «Le casette già pronte sono 15» affermano gli sfollati «ma non vengono consegnate perché è necessario sistemare le aree esterne». A Rocca di Mezzo, infine, i cittadini in autonoma sistemazione puntano il dito contro il Comune che dal mese di giugno non paga il contributo.