«Casa dello studente, vogliamo giustizia»

Centofanti (Comitato familiari vittime): un indecoroso scaricabarile rispetto a quella strage

L’AQUILA. La Regione che si smarca e chiama in causa ministero, Ateneo, imputati e Adsu, l’udienza civile che slitta, il processo penale a rischio di prescrizione. Per i familiari delle vittime della Casa dello studente un nuovo duro colpo, a sette anni da quella tragedia.

«Si torna a parlare del crollo della Casa dello Studente e dei relativi processi», scrive Antonietta Centofanti, «e, come da copione, riparte anche l’indecoroso “scaricabarile” rispetto a quella strage. È quanto apprendiamo dalla stampa, che riporta le dichiarazioni dell’avvocato Wania Della Vigna, che rappresenta i ragazzi sopravvissuti e “Michelone”, lo studente israeliano morto nel crollo. L’udienza civile è stata aggiornata a giugno, la Regione Abruzzo tira in ballo lo Stato, l’Università, l’Adsu, l’Angelini e gli imputati condannati nei primi due gradi di giudizio. Ed è solo l’inizio di un gioco sporco nel quale ciascuna delle parti, a vario titolo coinvolte, cerca di scrollarsi di dosso la responsabilità di quanto è accaduto. Questo scenario si fa ancora più vergognoso se prendiamo in esame il rischio di prescrizione per il processo penale, prevista per il prossimo 6 ottobre 2016».

«I tempi lunghi di un iter processuale, le sentenze ribaltate (vedi commissione Grandi rischi), il rischio di prescrizione, sempre in agguato, non rispondono certo al bisogno di giustizia dei familiari delle vittime di stragi e tragedie di ogni genere», prosegue Centofanti. «Il tributo umano che essi hanno dovuto pagare, serva per lo meno a cambiare la giustizia di questo Paese e ad abolire la prescrizione per i reati contro la vita: come lo è stato quello che ha consentito che otto ragazzi, intessuti di sogni, venissero sepolti sotto il crollo di un edificio impropriamente denominato “Casa” dello Studente e mai messo in sicurezza. Se lo si fosse considerato per ciò che era diventato, uno studentato, ossia un luogo che ospitava ragazze e ragazzi, il loro futuro, la loro formazione, i loro primi amori, si sarebbero dovute porre in essere tutte le operazioni necessarie in termini di adeguamento e stabilità. Ciò non è stato e le responsabilità, morali e penali, sono di molti: singoli individui e istituzioni. Tutti noi, che da quel 6 aprile viviamo un’altra vita, segnata per sempre dall’assenza dei nostri ragazzi, ci auguriamo di trovare, in fondo al nostro percorso, la giustizia e non la legge».

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