Casa studente, familiari contro D’Alfonso

Centofanti (portavoce dei parenti delle vittime): «Lui chiede scusa per gli errori della Regione, che però resiste nel giudizio»

L’AQUILA. «Prendo atto della richiesta del presidente Luciano D’Alfonso a nome della Regione “per le eventuali mancanze, omissioni e trascuratezze che potrebbero avere toccato l’operato dell’ente in questa dolorosissima vicenda”. Ma a ogni atto di dolore devono seguire azioni concrete». Lo afferma Antonietta Centofanti, portavoce del Comitato dei familiari delle otto vittime del crollo della Casa dello studente che chiede coerenza all’uomo politico.

«La Regione», spiega la Centofanti, «insieme all’Adsu, è stata citata in giudizio dai legali di un ragazzo deceduto e dei superstiti al crollo. L’ente, a tale richiesta risarcitoria, legittimamente proposta, ha risposto esonerandosi da ogni forma di responsabilità chiamando in causa gli imputati condannati penalmente in via definitiva dalla Cassazione, oltre che la ditta Angelini, l’Università e il ministero della pubblica istruzione». I quattro responsabili sono Pietro Centofanti, Tancredi Rossicone, Berardino Pace, condannati a 4 anni, e Pietro Sebastiani condannato a 30 mesi. I primi tre non possono usufruire della sospensione condizionale.

«Non appare che sia questa la scelta coerente», prosegue, «con le affermazioni di D’Alfonso che da una parte chiede perdono e dall’altra avalla le procedure che alla prossima udienza moltiplicheranno a dismisura le chiamate in causa di altri soggetti».

«Tale espediente», conclude, «potrebbe inoltre far desistere gli altri familiari delle vittime dal proporre la causa civile che si annuncia lunga e dolorosa come lo è stata la causa penale. Chi recita l’atto di dolore farebbe bene a rigettare certe linee difensive oppure a scegliere il silenzio».

Va anche detto che a questa controversia civile seguirà quella per conto dei familiari dell’unica vittima aquilana di quella tragedia, per la quale sono allo studio i dettagli mentre è già in piedi quella fatta da un altro superstite pugliese.

«Se la Regione vuole andare incontro alle famiglie», dice l’avvocato di parte civile Simona Fiorenza, «tanto vale fare un’offerta risarcitoria in modo da evitare una causa civile che per tutti i gradi di giudizio andrebbe avanti almeno per dieci anni. Un percorso che i familiari delle vittime avrebbero piacere di evitare dopo la causa penale durata sette anni. Non si può passare una vita nelle aule giudiziarie».

Ma, sempre in tema di risarcimenti, ci sono doglianze da parte di molte parti civili di questi processi sui crolli che lamentano degli escamotage per schivare le sentenze di condanne civili.

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