Casa studente, l’udienza slitta: parti civili furiose

La Regione si smarca e chiama in causa Ministero, Ateneo, imputati e Adsu Rischio prescrizione del processo penale: pronta istanza alla Cassazione

L’AQUILA. Le vicende giudiziarie sul crollo della Casa dello studente, processo simbolo del post-terremoto, suscitano forti perplessità tra le parti civili che rappresentano otto vittime e numerosi feriti. Sanno bene che il percorso verso la giustizia da loro invocata è in salita. La prova è che ieri, davanti al giudice Carmela Magarò, è slittata l’udienza della causa civile promossa dall’avvocato Wania Della Vigna in rappresentanza di alcune parti civili contro la Regione e l’Azienda per il diritto agli studi universitari, per via dell’inattesa chiamata in causa di altri soggetti. «La Regione», dice il legale, «si smarca, non ammette le proprie responsabilità, non propone alcun tavolo di accordo o di trattative con i parenti delle vittime e adduce la responsabilità unica ed esclusiva al “terremoto” che definisce “devastante” e con “potenza distruttiva”. Solo per la Regione il terremoto è stato devastante; ma gli studi scientifici dei maggiori sismologi italiani e internazionali (in primis il professor Decanini dell’Università La Sapienza di Roma) hanno rilevato come il terremoto del 6 aprile 2009 non fu un evento eccezionale, né in termini assoluti, poiché nel mondo, di intensità pari o superiore, se ne verificano mediamente 120 l’anno, né in relazione alla storia sismica dell’Aquila». Sta di fatto che la Regione ha chiamato in causa l’Angelini Immobiliare per «aver fatto progettare l’immobile e averlo costruito non attenendosi alla vigente normativa»; lo Stato attraverso il Miur e l’Università dell’Aquila «per averlo acquistato senza accorgersi dei gravi deficit strutturali da cui era affetto» oltre che l’Adsu per il «ruolo di custode esclusivo dell’immobile, e gli imputati (Bernardino Pace, Pietro Centofanti, Tancredi Rossicone, Pietro Sebastiani) già condannati in primo grado e in Corte di Appello. «A sua volta anche l’Adsu si smarca», dice Della Vigna, «e segue la stessa linea difensiva dell’ente riconoscendo però la responsabilità della Regione stessa in qualità di proprietaria dell’edificio». Secondo le parti civili «la Regione è responsabile, innanzitutto, per aver destinato un immobile “con gravi criticità strutturali” (come risultava dai rilievi di Abruzzo Engineering e dal Rapporto Barberi custodito nei cassetti della Regione) a Casa dello studente, per aver omesso di eseguire opere di manutenzione, ristrutturazione e adeguamento strutturale dell’edificio; è responsabile per aver consentito l’esecuzione di opere che hanno ulteriormente aggravato la stabilità e reso più fragile l’edificio; è responsabile per aver evitato di eseguire controllo e vigilanza sull’edificio di cui aveva la custodia e, comunque, in quanto ente proprietario è responsabile per il crollo».

Complessivamente nel processo civile sono stati richiesti 6 milioni per i familiari del ragazzo deceduto Hussein Hamade e per altri cinque studenti, miracolosamente sopravvissuti la notte del 6 aprile 2009. Seguiranno, nel prossimo mese, altre citazioni per il risarcimento danni anche a favore degli altri undici ragazzi, suoi assistiti, sopravvissuti al crollo.

Ma ciò che è più grave è che aleggia sul processo penale lo spettro della prescrizione. A tal fine, Della Vigna ha intenzione di proporre, nei prossimi giorni, un’istanza di fissazione dell’udienza in Corte di Cassazione presso il primo presidente Giovanni Canzio, all’epoca dei fatti presidente della Corte d’Appello dell’Aquila, poi presidente della Corte d’Appello di Milano e da poco ai vertici della Cassazione. La prescrizione, infatti, ci sarà a ottobre 2016.

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