Casalesi sugli appalti post sisma: 6 arresti

Tra gli indagati due imprenditori dell'Aquila e Lanciano. Decisive le intercettazioni

L'AQUILA. All'indomani del terremoto non ridevano come quelli della cricca ma come loro pianificavano senza scrupoli le strategie per accaparrarsi i lavori della ricostruzione all'Aquila. Le ambizioni del clan dei Casalesi, che pure avevano costituito una impresa edile all'Aquila, sono state annientate da un blitz della Finanza: sei arresti e 52 indagati tra cui un aquilano e un lancianese.

LE MIRE DEI CASALESI.
Poche ore dopo il sisma i casalesi erano già in fibrillazione per penetrare nel giro dei mega appalti aquilani. Una intercettazione fatta appena il 7 aprile 2009 chiarisce le intenzioni. Michele Gallo, uno dei principali accusati si rivolge all'ex presidente di Confcooperative del capoluogo abruzzese Antonio Cerasoli, suo referente in Abruzzo, dicendo: «Lasciamo perdere quello che è successo... ma ora a livello di lavoro come funziona?». E Cerasoli, pure lui indagato, gli risponde così: «Dobbiamo aspettare un attimo, forse una settimana...».

Il tentativo dei casalesi è ricostruito, attraverso le intercettazioni telefoniche decisive per i risultati investigativi, nell'ordinanza di custodia notificata a sei imprenditori campani vicini al boss Francesco Bidognetti: Marcello Bianco, Tullio Iorio, Raffaele Bencivenga, Michele Gallo, Luigi Pagano e Angelo Zaccariello. Tra i 52 indagati due abruzzesi. Oltre a Cerasoli è implicato anche, ma per altri aspetti, il lancianese Maurizio Giallonardo. Va anche aggiunto che nel corso dell'indagine, durata due anni, e portata avanti da procura di Napoli e Finanza di Roma con il sequestro di beni per 100 milioni, si è scoperto che i casalesi puntavano anche ad accaparrarsi appalti per il raddoppio dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria. L'operazione é stata chiamata «Untouchables», cioè «Intoccabili», perché gli imprenditori arrestati erano appunto tali per il clan visto il loro peso.

SBARCO ALL'AQUILA.
Come punto di riferimento per avviare attività imprenditoriale era stata costituita il 15 settembre 2009 nel capoluogo abruzzese con i soldi del clan una società edile, la Gam costruzioni, avente per oggetto «L'esercizio di opere di costruzioni generali anche per conto terzi sia privati che enti pubblici». Questa società è formata da Giuseppe Pagano di 44 anni, cognato di Michele Gallo e Agostino Mastroianni indicato come prestanome dello stesso Gallo. La società ha sede nel quartiere Parco del Sole, fuori porta Napoli, in una palazzina inagibile. Le quote di questa società, amministrata da Pasquale Pagano con capitale di 10mila euro, sono state sequestrate.

Secondo gli investigatori romani non sembra che questa società, allo stato degli atti, abbia mai lavorato in appalti o subappalti. Sempre secondo la Finanza di Roma è possibile che qualche intralcio ci sia stato per via dei controlli preventivi della Prefettura ma è ancora prematuro affermarlo in modo perentorio. In effetti nelle intercettazioni si parla di lavori da fare ad Ateleta per rifacimento marciapiedi per centottantamila euro ma non sarebbero appalti post sisma. Si parla anche delle intenzioni di fare dei lavori a Ocre ma anche questo sembra rimasto confinato nelle intenzioni.

Anche il prefetto, Giovanna Maria Iurato intervistata da Sky tg 24, ha escluso che la Gam abbia lavorato negli appalti. «Cerasoli, ben inserito nel tessuto economico aquilano» dice il pm «compiva atti idonei finalizzati a favorire l'aggiudicazione di appalti e subappalti». Michele Gallo, «nella veste di imprenditore ben collegato ai Casalesi», secondo quanto emerso dalle indagini aveva «coltivato intense relazioni operative con Cerasoli, caratterizzate da ingiustificati trasferimenti patrimoniali operati dal primo in favore del secondo».

Tramite accertamenti bancari si è accertato che il 3 febbraio 2009 Gallo costruzioni ha fatto un bonifico, di 4.000 euro in favore di Alessandra Talamini, moglie (non indagata) di Cerasoli. Dall'estratto del conto corrente intestato alla Gallo costruzioni, è stato individuato un ulteriore bonifico, di 16.000 euro, il 27 gennaio 2009 sempre in favore della Talamini. Cerasoli è accusato anche di aver cambiato assegni per conto dei casalesi in banche locali. Gallo, al telefono, si lamentava che come ricompensa per il favore l'aquilano chiedesse regali.

GIALLONARDO.
Tra gli indagati per concorso esterno in associazione mafiosa c'é un altro imprenditore abruzzese, Maurizio Giallonardo, di Lanciano, accusato di avere fatto da prestanome a diversi affiliati al clan dei casalesi. Giallonardo, in diverse circostanze, si lamenta con Michele Gallo per avere ricevuto solo poche migliaia di euro in cambio dei servizi resi: «Me dici troppe bugie» dice in una telefonata, «aggio perso la speranza. Mi sono spazientito, compà, sono due anni che ti sto a sentire e mi sono rovinato».

PESCI PICCOLI.
Il gip, va detto, non ritiene i due abruzzesi responsabili di concorso esterno e perciò la richiesta di arresto per l'aquilano è stata respinta. «Emerge l'insussistenza di un quadro indiziario» dice il giudice, «sono rimasti estranei ai vincoli operativi stretti da Gallo e Pagano. Non è possibile affermare che gli stessi abbiano mai avuto piena e concreta conoscenza».

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