Chiodi e la nuova Silicon Valley

Il commissario: realizzeremo tunnel intelligenti per il teleriscaldamento

L’AQUILA. Il capoluogo d’Abruzzo come una specie di Silicon Valley californiana; la città attraversata da tunnel intelligenti per distribuire in maniera capillare i sottoservizi nella città ferita. La proposta è del commissario per la ricostruzione, Gianni Chiodi, «a patto», sottolinea con chiarezza, «che sia d’accordo la comunità aquilana». Si tratterebbe di indirizzare le agevolazioni della zona franca verso un polo di alta tecnologia, in grado di creare un’attrattiva per le imprese e creare posti di lavoro. I risultati di tutto ciò porterebbero, secondo Chiodi, benefìci a cascata, ossigeno per l’economia depressa dell’intero territorio.

Potrebbe essere questa la strategia vincente per il futuro economico dell’Aquila?
«Sono uno di quelli che pensa che oggi c’è un’occasione straordinaria: costruire una città che abbia una forza e un modello anche di tipo economico che guardi a come vincere la sfida della competitività nei prossimi decenni. Puntando cioè su un unico prodotto, quello della conoscenza, e prevedendo forti investimenti su centri di ricerca. Se volessimo far diventare l’Aquila un posto di grande attrattiva per l’economia della conoscenza la zona franca potrebbe essere concentrata su questi settori. Puntare insomma a un processo simile a quello della Silicon Valley negli Usa».

Si spieghi meglio.
«Se le grosse aziende del settore venissero da noi senza pagare le tasse, questo costituirebbe una grande attrattiva per i prossimi 30-50 anni. Al contrario, se dovessimo elargire a tutti queste agevolazioni, la misura potrebbe non bastare per un rilancio del territorio. In ogni caso, io appoggerò tutto ciò che deciderà la comunità aquilana. Turismo, beni culturali, parchi: va tutto bene, ma una specificità sarebbe una forte capacità attrattiva che si porterebbe dietro gli altri settori dell’economia».

I tempi della ricostruzione. Quanti anni ci vorranno davvero?
«Prima di 5 anni sarà impossibile vedere i primi effetti positivi della ricostruzione con una piena ripresa della funzionalità del centro storico. Per completarla ci vorranno 10 anni, se saremo bravi. Sulla ricostruzione pubblica possiamo prevedere dei tempi, ma su quella privata dipende da tanti fattori. Noi intanto stiamo dando priorità ai sottoservizi e per questo abbiamo convocato tutti i gestori delle reti che stanno lavorando a una progettazione con previsione dei costi per gas, rete elettrica, telefoni, depurazione, acquedotti, fognature. Faremo i tunnel intelligenti, e cioè degli scavi dove passeranno tutte le reti per contenere anche i cavi per il teleriscaldamento. La struttura tecnica di missione sta lavorando su questo».

A proposito di struttura tecnica di missione. Quante persone ci lavorano? Chi si occupa di cosa?
«La struttura prevede 30 persone, ma in questo momento lavorano in 10. Gli altri stanno seguendo la selezione del ministero dell’Economia. Io chiesi la struttura già da settembre 2009, ma non accolsero la mia richiesta. Se l’avessero fatto, oggi avremmo guadagnato del tempo. È l’unico rammarico che ho su una vicenda gestita bene».

Le macerie. Dalle carriole alla teleferica. Quanto tempo per rimuoverle?
«La produzione dei detriti è in funzione delle demolizioni. L’importante è creare la separazione. Noi metteremo punti di raccolta che saranno presidiati da Asm e tecnici della Soprintendenza per verificare i conferimenti. Dai punti di raccolta i detriti poi saranno portati via. Si cercano sistemi integrativi al trasporto su camion per rendere più fruibile il traffico cittadino, anche utilizzando treni e teleferica. Organizzeremo la rimozione con un sistema virtuoso. I tempi? Andranno di pari passo con le demolizioni. Per prima cosa dobbiamo liberare piazze e strade pubbliche».

Dal 1º luglio i residenti del cratere inizieranno a restituire le tasse. C’è poi il problema delle bollette: attuali e arretrate.
«Sulle bollette, per chi vive nel progetto Case e nei Map, riprende la vita normale. Naturalmente per le tasse la questione è diversa. Cercheremo di avere un occhio di riguardo su pensionati, cassintegrati, redditi bassi, partite Iva, commercianti».

La Zona franca in discussione al Cipe può essere la soluzione dei problemi?
«I problemi dell’economia aquilana saranno superati con la ripresa. La Zona franca darà un vantaggio, ma se non ci sarà l’interesse delle imprese perché il mercato non tira, se mancherà la domanda, anche le imprese non potranno aumentare la capacità produttiva e gli investimenti».

Le linee guida della ricostruzione. Quale il ruolo dei sindaci?
«Le linee guida sono state concordate con i sindaci, non sono state calate dall’alto. Il loro ruolo diventa fondamentale. Se i piani di ricostruzione si inseriranno nelle linea guida tutto andrà bene. Nel decreto legge i piani di ricostruzione e la programmazione per la ripresa socio-economica sono stati attribuiti ai sindaci. Avranno un grandissimo lavoro da svolgere e noi mettiamo a loro disposizione la nostra struttura».

I soldi per ricostruire. A che punto siamo con i finanziamenti?
«Lo Stato ha programmato circa 7 miliardi di euro da destinare all’Aquila. Non li abbiamo come cassa, verranno concessi man mano che presenteremo progetti. Sono fondi sul bilancio dello Stato e vincolati all’Aquila. C’è un altro miliardo di euro dal Cipe per il 2009-2010 oltre ai soldi che deve trasferirci la Protezione civile: 280 milioni di euro, di cui 120 già nella nostra disponibilità».

Le attività produttive in affanno, i cassintegrati. Quale misure in tempi brevi per aiutere le aziende in crisi?
«Sui cassintegrati c’è un grande sforzo del governo rispetto agli ammortizzatori sociali. Ribadisco, però, che molto è legato alla ripresa dell’economia, perché le imprese potrebbero non avere un vantaggio a investire nonostante la situazione fiscale agevolata».

La ristrutturazione delle seconde case nei piccoli comuni può aiutare turismo ed economia dell’entroterra. Sono previsti provvedimenti ad hoc?
«La domanda è: come rinasceranno i borghi? Potrebbero essere rimessi a posto in modo da ospitare gli sfollati, ma molti aquilani non vogliono andare a viverci. Certo, sarà difficile pensare a tanti Santo Stefano di Sessanio. L’architetto Fontana, coordinatore della struttura tecnica di missione, mi diceva: «Li possiamo rimettere a posto noi per destinarli agli sfollati». Così, con gli stessi soldi dei Map, potremo recuperare dei borghi che altrimenti rischiano di morire. Gli interventi non sono complicati e i fondi ci sarebbero. Una città piena di Map non è il massimo. Come faremo poi a toglierli?».

Se una persona volesse ricostruirsi a proprie spese la casa inagibile nello stesso luogo o anche in un luogo diverso, cosa deve fare? A chi dovrebbe rivolgersi?
«I sindaci sono gli interlocutori. Su questi temi uscirà un’ordinanza ad hoc».

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